Roma - C'è chi ha già immaginato un'isola stile Las Vegas, con i pubblici poteri nel ruolo di biscazzieri che spingono al massimo slot machine e videopoker. Perché d'ora in poi in Sardegna più persone giocano maggiori saranno le entrate per le finanze regionali.
La rivoluzione ludica è contenuta in poche righe del comunicato ufficiale del Consiglio dei ministri numero 117. Si annuncia la «devoluzione alla Regione, nell'ambito delle entrate erariali, della raccolta di tutti i giochi con vincita in denaro sia di natura tributaria sia di natura non tributaria in quanto costituite da utile erariale». In sintesi il recepimento di un accordo del marzo scorso tra la Regione a statuto speciale e il governo su una vecchia questione di crediti vantati dalla Sardegna e mai incassati.
Alla presidenza della Regione c'è Francesco Pigliaru, renziano della prima ora, e la vecchia vertenza (risale al 2006) si è sbloccata. I soldi dovuti, circa 900 milioni di euro, saranno restituiti in quatto anni alla Sardegna attingendo a parte degli incassi dei giochi. Oltre al vecchio credito, resteranno nelle casse della Regione altri soldi che la giunta ha calcolato in 130-150 milioni di euro all'anno. Tutto regolare, secondo la giunta. Si tratta della compartecipazione a un tributo come un altro.
Peccato che i giochi a premi non siano la stessa cosa dell'imposta regionale sulle attività produttive o sugli immobili. Nell'isola la ludopatia è un problema. Pochi giorni fa La Nuova Sardegna ha scritto che nella regione si spenderebbero in media 500mila euro al giorno in slot machine (la legge lascia in Sardegna anche i proventi di altri giochi, tipo grattaevinci). In teoria sia il governo nazionale sia quello regionale fanno iniziative contro la ludopatia, ma con il nuovo regime la Sardegna ha interesse a un aumento delle giocate. Il fatto che sulle entrate attese non ci sia certezza, lascia il dubbio che alla fine siano proprio i poteri pubblici a farsi promotori del gioco d'azzardo.
La
normativa ultra favorevole riconosciuta alla Sardegna, potrebbe poi aprire le porte a rivendicazioni delle altre regioni, a partire dalle altre a statuto speciale. Tutti a caccia di nuove entrate, a spese dei ludopatici.
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