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"Ora siamo diventati invisibili". Il catering dimenticato da tutti

“Siamo tra gli invisibili”. Luca Legnani, vicepresidente dell’Associazione Nazionale Banqueting e catering (Anbc), associazione di cui fanno parte 42 aziende, si mostra visibilmente preoccupato per il futuro del settore eventi che, compreso l’indotto, dà lavoro a circa un milione di persone

"Ora siamo diventati invisibili". Il catering dimenticato da tutti

“Siamo tra gli invisibili”. Luca Legnani, vicepresidente dell’Associazione Nazionale Banqueting e catering (Anbc), associazione di cui fanno parte 42 aziende, si mostra visibilmente preoccupato per il futuro del settore eventi che, compreso l’indotto, dà lavoro a circa un milione di persone.

Perché vi sentite trascurati dal governo?

"Il Dl Rilancio è troppo parziale per la nostra categoria. Non c’è nulla di tutto quel che avevamo chiesto e di cui avremmo bisogno. La verità è che noi non siamo i ristoranti e i bar che sono sotto l’occhio di tutti e non siamo neanche le grandi aziende che sono già al sicuro. I nostri clienti sono i brand importanti del lusso, della moda, le aziende istituzionali pubbliche, le banche e le multinazionali della telefonia".

Quando è previsto che ripartirà il vostro settore?

"A livello di rischio siamo stati equiparati ai locali notturni e ai concerti, quindi, in teoria, la ripartenza sarebbe marzo 2021. Sono dati tremendi perché, anche se siamo un milione di persone su 60 milioni di italiani, apparteniamo a una nicchia anche se facciamo un lavoro che è sotto gli occhi di tutti. Chi non è mai andato a un concerto o a un congresso? Una sfilata è un evento così come l’inaugurazione del Ponte Morandi e nessuno sa quante persone lavorano dietro a un evento".

Cosa chiedete al governo?

"Chiediamo l’estensione della cassa integrazione o del Fis (fondo d'integrazione salariale ndr) e contributi a fondo perduto anche a chi supera i 5 milioni di euro di fatturato. Il 15% del fatturato per un mese è pochissimo considerando che staremo fermi un anno. La nostra principale preoccupazione sarà quello di avere uno strumento che vada ben oltre le 9 settimane di cassa integrazione per tutto il 2020 perché resteremo fermi almeno fino all’autunno".

Ma, da qui a marzo 2021, come pensate di sopravvivere?

"Abbiamo la necessità riconvertire le nostre attività. Chi ha sempre operato nel settore wedding o congressuale ha delle prenotazioni fatte mesi o anni prima del Covid-19 e deve riconsiderare tutto il ciclo produttivo. Tutto è stato annullato e la sussistenza delle nostre aziende deve passare dall’e-commerce, il delivery, il noleggio. Tutte alternative che sono assolutamente insufficienti a garantire dei compensi adeguati ai nostri dipendenti".

Ed eventi come i matrimoni non possono salvarvi?

"I ristoranti potranno riaprire il 18, ma l’attività che facciamo noi è in netto contrasto con il principio di distanziamento sociale. Nessuno, ora, accetta di fare un ricevimento di nozze con queste limitazioni. L’80% dei matrimoni del 2020 è stato rimandato al 2021, il resto all’autunno tra ottobre e dicembre e stanno ancora cercando di capire come fare. Il mercato per quest’anno è completamente perso. Anche le ville private e i poli congressuali, che rientrano nella nostra filiera, hanno perso tutto il mercato per il 2020. Nessuno vuol fare un evento con il distanziamento sociale senza poter fare un brindisi o darsi un abbraccio. Se anche le norme lo consentiranno, non ci sarà mercato".

Quali misure potrebbero evitare il tracollo del settore?

"Noi abbiamo lanciata una petizione online nella quale chiediamo che il governo prenda in considerazione alcune proposte ben precise. Tra queste vi è la cancellazione di tutte le tasse per i mesi di chiusura obbligata e la rateizzazione in 24 mesi della tassazione dovuta nei primi 6 mesi del periodo di riapertura.

Auspichiamo anche che vi siano degli incentivi per gli eventi (wedding, corporate e congressuali) che verranno svolti in Italia da organizzatori stranieri in linea con il bonus allo studio per incentivare il turismo in Italia".

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