L'Italia e la generazione perduta. Sono giovani preparati, hanno ricevuto una formazione di alto livello proprio qui in Italia. Sono laureati nelle nostre Università e dovrebbero rappresentare l'investimento per il futuro del Paese. Ma qui c'è la crisi, non si investe in ricerca e soprattutto non c'è offerta di lavoro qualificato. Dunque questi ragazzi brillanti se ne vanno e il patrimonio rappresentato dalla loro intelligenza, energia e preparazione viene sfruttato da altri paesi. Oltre 110.000 italiani nel 2015 hanno scelto di prendere la residenza all'estero. Tra questi il 60% ha meno di 50 anni ed il 36,7% ha meno di 34 anni.
Sono emigranti anche loro come le migliaia di migranti che approdano ogni giorno sulle nostre coste. Alcuni di questi, una minoranza, scappano dalla guerra e dunque si tratta di profughi ai quali dare asilo. Poi ci sono quelli che arrivano in cerca di lavoro ma vanno prima formati: devono prima di tutto imparare la lingua e poi anche un mestiere. Dunque occorrono investimenti per la formazione di queste persone. Tanto per fare un esempio anche per le badanti sono previsti corsi di formazione.
Allora deve esser chiaro quello che sta accadendo perché la fuga dall'Italia è iniziata parecchi anni fa ma ha subito un'impennata nel 2008 con l'aprirsi della crisi e da allora l'emorragia non si è più fermata. E non c'è scambio alla pari. L' Italia spende per formare i laureati che poi se ne vanno ma purtroppo non riesce ad attrarre lo stesso tipo di «emigrante» qualificato.
Il problema non è circoscritto all'uscita dei giovani ma si allarga al fatto che da noi non arrivano stranieri ugualmente qualificati perché l'Italia economicamente e professionalmente non ha nulla da offrire. Anche le nostre università finiscono sempre in fondo ai ranking, alle classifiche internazionali perché oltre a fare poca ricerca non attraggono a sufficienza studenti stranieri.
I dati che ieri ha diramato la Fondazione Migrantes nel Rapporto sugli italiani nel mondo li aveva sostanzialmente già resi noti l'Istat all'inizio dell'anno.
Dal 2006 al 2016 la mobilità italiana è aumentata del 54,9%. Gli iscritti all'Aire, ovvero l'Anagrafe degli italiani residenti all'estero, sono passati da 3 milioni a oltre 4,8 milioni. Rispetto al 2015 si sono registrate 174.516 iscrizioni ovvero un più 3,8. La maggior parte delle iscrizioni sono per espatrio (oltre 2,5 milioni) e per nascita (1.888.223).
La stragrande maggioranza degli italiani, ovvero 69,2% (quasi 75.000 persone) si è trasferita in Europa che si conferma come l'area continentale preferita dagli emigrati. Tra le regioni è la Lombardia a registrare il maggior numero di partenze, 20.088 seguita dal Veneto (10.374), dalla Sicilia (9.823), dal Lazio (8.436), dal Piemonte (8.199) e dall'Emilia Romagna (7.644). Ma dove vanno gli italiani? In Germania (16.568) e nel Regno Unito (16.503) e poi in Svizzera (11.441) e Francia (10.728).
L'Inghilterra è pure il paese preferito dagli studenti italiani. I dati Unesco registrano 9.499 allievi provenienti dal Belpaese negli atenei britannici nel 2013. A seguire l'Austria, con 7.606 studenti italiani, la Francia (6.729), la Svizzera (4.562), la Spagna (4.762), la Germania (4.296) e gli Usa (4.224).
Per il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. «La mobilità dei giovani italiani verso altri Paesi dell'Europa e del mondo è una grande opportunità, che dobbiamo favorire, e anzi rendere sempre più proficua».
Ma allo stesso tempo, afferma, occorre «fare in modo che ci sia equilibrio e circolarità. I nostri giovani devono poter andare liberamente all'estero, così come devono poter tornare a lavorare in Italia e, se lo desiderano, riportare nella nostra società le conoscenze e le professionalità maturate».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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