Grasso padre padrone scontenta destra e sinistra

Cancella 72 milioni di emendamenti di Calderoli (che gli dà del marchese del Grillo) e fa infuriare le opposizioni. Ma neppure il governo è soddisfatto: l'ostruzionismo resta

Zac. Il soffio di Louisette, come la chiamavano durante il Terrore, decapita poco dopo l'alba 72 milioni di emendamenti leghisti. Numerati, registrati, protocollati, ma non esaminati, perché, dice Pietro Grasso, non sono inammissibili, sono addirittura «irricevibili». Si tratta, spiega, di un «numero abnorme, talmente alto che bloccherebbe il Senato per anni». Quindi via, ghigliottinati. Certo, sulla strada delle legge Boschi ne restano parecchi, 383mila, tutti elaborati dall'algoritmo di Calderoli, tutti già presentati via mail e accolti dalla commissione Affari costituzionali, ai quali si aggiungono altri tremila normali, cioè scritti. Intanto arriva la prima sforbiciata. «Un precedente pericoloso», dice Paolo Romani. «Vergogna - aggiunge Matteo Salvini -. Grasso e Renzi non ci spaventano». E Roberto Calderoli paragona il presidente del Senato al marchese del Grillo: «Io so' io e voi nun siete un ...».

Animi tesi. I grillini per protesta rinunciano a presentare i loro emendamenti, «per dimostrare che non facciamo ostruzionismo». Sostiene Vito Crimi: «È una battaglia contro la dittatura della maggioranza. In futuro anche solo cento potrebbero essere dichiarati irricevibili». Per Romani «l'ostruzionismo è un istituto parlamentare che appartiene alla storia della democrazia». Grasso però ne fa una questione di tempi. «Vi invito a riflettere sul numero. M5S ne ha presentati tanti, cioè 117, però tra 117 e 85 milioni, quanti erano all'inizio, c'è la differenza che costituisce l'abnormità, che non è soggettiva, bensì oggettiva». Basta fare due conti. Anche dedicando un solo minuto a emendamento, per esaminarli tutti ci vorrebbero un'ottantina di milioni di minuti, diciassette anni».

Invece c'è fretta. «Bisogna rispettare i tempi stabiliti dal calendario dei lavori - dice ancora Grasso -, e l'esame di merito è impossibile». Da qui l'invito a Calderoli a valutare quanti degli emendamenti superstiti sia «veramente importante per la discussione». Calderoli fa una mezza promessa: «Rifletterò, magari mi auto-emenderò. La notte porta consiglio».

La legge Boschi ha comunque ancora molti ostacoli da superare, anche se Matteo Renzi da New York la considera a portata di mano. «Sia che Berlusconi decida di votare la riforma, sia che decida di no, non cambia nulla, abbiamo la maggioranza». C'è infatti la variabile-Grasso. Il presidente-ghigliottinatore adesso vuole prendersi i suoi tempi, facendo esaminare in aula i residui emendamenti uno per uno e tenendo appeso il governo. Non ha nemmeno deciso come procedere nei lavori, se consentire o meno voti segreti. E comunque scioglierà la riserva sull'emendabilità del contestato articolo 2, quello sulla non eleggibilità dei senatori, non prima di venerdì.

Un particolare non secondario, che può far saltare l'intesa tra maggioranza del Pd e sinistra. «Finché non sappiamo se verranno dichiarati ammissibili gli emendamenti all'articolo 2 - spiega il sottosegretario alle Riforme Luciano Pizzetti - e dunque se verrà rispettato il principio della doppia lettura conforme, è difficile avviare un confronto sull'articolo 38», quello sul sistema di elezione dei senatori e sul quale la minoranza dem chiede delle modifiche. Quanto alla scrematura, Pizzetti è contento a metà. «È stato impedito il sabotaggio resta l'ostruzionismo».

Cioè, 383mila emendamenti? «Se si vuole favorire un accordo politico, sarebbe stato meglio una parere di ammissibilità sul loro complesso. Se restano non rimane che la fiducia». La discussione ripartirà nel pomeriggio con il voto sugli emendamenti al primo articolo del ddl. Ma i tempi stringono, il 15 ottobre è vicino.

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