Grazie ad Alfano l'Europa ci multa e le quote profughi non le vuole più

Pagheremo per non aver identificato i migranti. Parigi e Berlino: ridurre il flusso

Cornuta e mazziata. Ci sono poche altre parole per definire il destino di un'Italia sballottata, sull'annosa questione profughi, tra le scelte di un Angelino Alfano e quelle di un'Unione Europea abituata, ormai, a trattarci alla stregua di una pezza da piedi. Così la Commissione Ue, non paga di sanzionarci per la mancata identificazione dei migranti irregolari sbarcati in Italia, si prepara e ridimensionare significativamente i 40mila profughi che, in base alle quote approvate a fine settembre, avremmo dovuto «ricollocare» negli altri Paesi europei. Il tutto grazie alla proposta di un «lilliput» come il Lussemburgo. Approfittando del semestre di presidenza europea il ministro degli esteri del Lussemburgo Jean Asselborn propone di ridimensionare, o forse cancellare, il sistema di ridistribuzione dei profughi studiato per sgravare Italia e Grecia di 160 mila rifugiati. Il tutto per accontentare la Turchia che, non paga di aver estorto all'Europa tre miliardi, minacciando altrimenti di sommergerla sotto uno tsunami di profughi, pretende di liberarsi di almeno altri 50 mila rifugiati a spese nostre. Cominciamo con una mazzata per volta. Ricordate cosa rispondeva lo scorso giugno il ministro Alfano a chi gli chiedeva perché non disponesse l'identificazione forzata dei migranti irregolari? «Quando un poliziotto si trova di fronte un eritreo di due metri che non vuole farsi mettere il dito nella macchina per le impronte, non può spezzargli la falange, ma deve rispettare i diritti umani». La fiaba sui diritti umani nascondeva la trovata di un ministro dell'Interno convinto di poter aggirare le regole del decreto di Dublino permettendo a migliaia di migranti senza identità di procedere verso la Germania e gli altri Paesi del nord. Così già domani si aprirà la procedura d'infrazione contro il nostro Paese accusato di non aver raccolto e inserito nel sistema Eurodac le impronte digitali dei richiedenti asilo. Anche in questo caso è difficile non ricordare le parole del ministro degli interni che il 24 settembre, subito dopo l'approvazione del piano per la ripartizione di 40 mila rifugiati presenti in Italia, si compiace di aver piegato Bruxelles: «È successa una cosa rara e importante: l'Europa non ha discusso, ma ha deciso. E ha deciso, altra cosa rara, in favore dell'Italia. Non perché siamo buoni, ma perché avevamo ragione noi». Ora, dopo soli due mesi e mezzo e appena 200 profughi ricollocati su 160 mila, Jean Asselborn annuncia al tedesco Süddeutsche Zeitung la necessità di ridimensionare la quota di 160 mila profughi da redistribuire per far posto ai 50mila della Turchia. Ovviamente a spese dell'Italia e della Grecia che, in nome del «regalino» al presidente Erdogan, dovranno rinunciare proporzionalmente a cinquantamila dei loro. Ma il peggio deve ancora arrivare. Stando alle voci di Bruxelles la sottrazione dei 50 mila profughi regalati ai turchi è solo il primo passo verso la definitiva cancellazione delle quote. Anche perché, due mesi e mezzo dopo la loro approvazione, non si trova un solo Paese europeo disposto ad accettarne qualcuno in più. In compenso i governi di Parigi e Berlino sono «fermamente convinti» che il flusso di migranti verso l'Europa «debba essere ridotto». Così convinti da aver scritto una lettera congiunta indirizzata alla Commissione Europea.

L'Italia poi potrebbe attirarsi altri strali da Bruxelles visto che il governo ha deciso di aumentare il tetto del deficit/Pil dal 2,2 al 2,4% per finanziare il pacchetto-sicurezza. Il provvedimento, che consente di ampliare gli organici delle forze di polizia (e regala 500 euro ai diciottenni), dovrebbe essere inserito nel ddl Stabilità senza attendere il via libera della Commissione europea.

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