Le notizie sulle operazioni antiterrorismo, arresti ed espulsioni in corso in tutta Europa si susseguono ormai con tale rapidità, che è difficile capire come siano effettivamente distribuiti i 120-180 musulmani con passaporto Ue reduci dal fronte siriano che, secondo fonti di intelligence, l'Isis avrebbe incaricato di «vendicare» l'attacco che le viene portato dalle aviazioni occidentali. Non si capisce neppure bene in che misura le varie cellule (20, secondo le ultime stime) che sembrano ben dotate di armi, siano collegati tra loro. Ma nelle ultime ore, sono emersi tre elementi degni di attenzione. Il primo è che buona parte delle informazioni che hanno consentito i vari blitz sono di fonte americana, a riprova, se vogliamo, che la capillare rete di intercettazioni denunciata da Snowden e che avevano suscitato tanta indignazione in Europa non è poi del tutto inutile. Il secondo è che due jihadisti di ritorno, intercettati dalla polizia belga, avrebbero parlato, a dimostrazione che nonostante il suo fanatismo l'Isis ha anche alcuni anelli deboli, che possono essere sfruttati. Il terzo (e forse il più importante per il prosieguo delle operazioni) è che la presunta mente degli attentati, l'uomo incaricato dal Califfato di coordinare la grande offensiva islamista in corso, il ventisettenne marocchino di cittadinanza belga Abdelamid Abaoud, alias Abou Soussi, ha stabilito il suo quartier generale in Grecia. Ci sono diversi motivi validi per questa scelta. Il Paese, in preda a una crisi economica che ne ha falcidiato i redditi, esasperato gli animi e alla vigilia di una elezione che molti considerano addirittura decisiva per il futuro dell'Euro, è oggi senza dubbio il ventre molle dell'Unione Europea. La sua polizia ha più volte contestato il suo stesso governo ed è considerata di dubbia affidabilità. Atene non partecipa alle operazioni militari contro il Califfato, non è stato teatro di recenti attentati e non risulta nell'elenco Isis degli obbiettivi da colpire, per cui la vigilanza vi è naturalmente allentata.
Il Parlamento, in altre faccende affaccendato, non ha ancora trovato né il modo, né il tempo, per varare una legge antiterrorismo in grado di far fronte alla nuova situazione, come sono riusciti a fare Paesi vicini, meno strutturati e perfino meno minacciati come la Macedonia, la Serbia e la Bosnia (!). Situata com'è alle porte del Medio Oriente, confinante con quella Turchia attraverso la quale passano quasi tutti gli jihadisti che vanno e tornano dal Califfato e con una miriade di isole di quasi impossibile sorveglianza, la Grecia è facilmente accessibile non solo agli immigranti clandestini (come abbiamo visto in varie recenti occasioni) ma a chiunque voglia entrare nello spazio Schengen per fini terroristici. Bisogna purtroppo ammettere che l'Unione Europea e la cosiddetta Troika, con l'imposizione di una politica economica sangue e lacrime, non sono esenti da responsabilità per questa situazione di degrado: e ora potrebbero pentirsene amaramente. Il fatto che Abou Soussi, intercettato mentre impartiva disposizioni a un fratello impegnato negli attacchi pianificati contro il Belgio, sia poi riuscito almeno per ora - a sottrarsi all'arresto, è non solo la prova che egli ha scelto bene il suo rifugio, ma anche che ha ragione Gilles de Kherkhove, il responsabile antiterrorismo della Ue, quando ammette che «di fronte alla massiccia radicalizzazione in corso un po' ovunque», la prevenzione di nuovi attacchi è, se non impossibile, almeno molto difficile. Prepariamoci perciò ad altri giorni caldi: con la speranza che i greci, pur nelle condizioni in cui sono stati ridotti, si dimostrino all'altezza.
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