Fuori le molotov e le proteste, dentro il voto per il memorandum, come nel 2012. Non cambia la storia parlamentare greca degli ultimi tre anni nonostante il primo governo di sinistra eletto in Grecia lo scorso gennaio. Mentre in aula i trecento deputati che devono votare il memorandum non si mettono d'accordo neanche sull'ordine degli interventi, all'esterno è guerriglia urbana. Un gruppo di Black Bloc si infiltra abilmente nel corteo pacifico di ottomila persone che manifestano contro l'austerità. E inizia lo scontro con le teste di cuoio dei Mat. Lancio di lacrimogeni e pietre, bombe carta e tanta confusione sotto l'occhio di increduli turisti che cambiano strada. Il corteo viene fatto disperdere a fatica nelle viuzze laterali a Ermou, il viale che conduce a Plaka, ma la violenza era nell'aria. Lo dimostra la circolare del ministero dell'interno che in giornata aveva convocato di urgenza ventimila agenti, così come riportato due giorni fa da queste colonne. I settori extraparlamentari di sinistra con cui fino ad oggi Syriza era riuscita a dialogare, hanno «rotto i ponti perché si sentono traditi», dice un manifestante mentre era impegnato nella marcia pacifica di protesta. Ad oggi in Grecia «non c'è un governo» replica un altro a dimostrare l'incertezza totale che si respira nel Paese.
Se fuori dal Parlamento è stato il caos, all'interno non hanno brillato per compostezza e rigore. La presidente dell'assemblea Zoì Kostantopoulou fa di tutto per rallentare i lavori, proponendo addirittura un rinvio a questa mattina e facendo sponda con la pattuglia di Alba dorata. Ma Tsipras ha promesso ai creditori il voto entro la mezzanotte. Nel pomeriggio il drammatico redde rationem di Syriza, spaccato ormai a metà tra oltranzisti pro euro e quelli che pensano già al futuro, senza il premier e magari con chi si sarebbe fatto tagliare un braccio pur di non votare quel piano, Yanis Varoufakis. Il clima è surreale, perché il nuovo piano lacrime e sangue propedeutico ad altri 86 miliardi passa come da copione con i voti delle opposizioni che si sostituiscono ai dissidenti di Syriza. E dire che poche ore prima del traguardo, il premier in persona parlando al comitato centrale del suo partito aveva chiesto un voto compatto, pena il suo personale passo indietro.
Ma in aula è bagarre. Il conservatore Adonis Gheorghiadis, ex ministro della Sanità ed ex venditore televisivo di enciclopedie, accusa Varoufakis di essere un agente «al soldo di George Soros». Il popolo greco ha detto no al referendum, urla dal suo banco il capo di Alba dorata Nikolaos Mikalioliakos e «noi dopo pochi giorni li stiamo tradendo due volte, questo è il terzo memorandum e noi come Stato siamo stati minacciati». Un no anche dal capo dei radicali di Syriza, il ministro Lafazanis che però di fare un passo indietro non ci pensa affatto. Intanto fioccano le defezioni al governo, si dimette anche il segretario generale del ministero dell'Economia Manousakis. In una lettera a Tispras scrive che «la politica del governo rende impossibile la mia permanenza in questa posizione». L'impressione è di un grande punto zero non solo dentro Syriza, ma nella politica del Paese che potrebbe cedere da un momento all'altro. «Senza il vostro sostegno sarà difficile per me restare premier», aveva detto poco prima del voto Alexis Tsipras. «Mi assumo tutte le mie responsabilità e mi sento orgoglioso. Abbiamo combattuto per il nostro popolo una lotta molto difficile. Siamo riusciti a dare una lezione di dignità a tutto il mondo. Questa lotta un giorno darà i suoi frutti».
Per ora di certo, oltre ad un rimpasto di governo, c'è la consapevolezza che oggi tanto in Ue quanto in Grecia «è stata una giornata nera» come dice nel suo epitaffio la presidente della Camera Kostantopoulou.twitter@FDepalo
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