Europa

Dal green alle armi. Le larghe intese che stanno strette all'ala moderata

L'accordo bipartisan Popolari-socialisti che governa l'Europa è destinato a essere superato con le elezioni del 2024. Ma i nodi da sciogliere non sono pochi, dai simboli ai dossier più caldi

Dal green alle armi. Le larghe intese che stanno strette all'ala moderata

Ascolta ora: "Dal green alle armi. Le larghe intese che stanno strette all'ala moderata"

Dal green alle armi. Le larghe intese che stanno strette all'ala moderata

00:00 / 00:00
100 %

Stop a larghe intese a geometria (partitica) variabile e chiarezza sul ruolo della Commissione europea. Il voto del giugno 2024 potrebbe finalmente trasformare l'organismo di governo del Vecchio continente in una squadra «politica», guidata da una chiara maggioranza. Un bipolarismo nuovo. Ma gli ostacoli sono ancora sul sentiero della pur avviata interlocuzione tra partiti di centrodestra: che, tra distinguo e ammiccamenti, in vari Paesi hanno iniziato a confrontarsi.

Ieri, su questo giornale, è stato Silvio Berlusconi a rilanciare l'ingresso nel Partito popolare europeo di Fratelli d'Italia e Lega, alleati con FI nel Belpaese ma in gruppi diversi nell'Ue: il Cavaliere ritiene l'intesa «possibile», superando l'ibrido socialista-popolare che ha indirizzato finora la Commissione. Ma si può essere liberali, conservatori, nazionalisti ed europeisti al tempo stesso?

Negli scorsi anni abbiamo visto di tutto: da grillini euroscettici al punto da mettere nel programma delle europee 2014 l'ipotesi di referendum sull'euro, salvo poi diventare il partito che, abbracciando sinistra e Pd nel Conte II (2019-2021), ha espresso una delle posizioni più dialoganti con Bruxelles, fino a disastrose scissioni e giravolte sulla guerra; o le recenti divisioni Pd sulla produzione di armi Ue per Kiev, con i fondi del Pnrr; per non parlare dell'invito del centrista Macron a von de Leyen, a congelare il Green deal dopo un sostegno incondizionato alla Commissione che i suoi avevano contribuito a formare. Le divergenze tra partiti più strutturati non si cancellano con una strizzata d'occhio. Per esempio, il Ppe sul bando alle auto diesel dal 2035 ha votato contro, insieme ai conservatori dell'Ecr, il gruppo dei meloniani, e alla destra di Identità e democrazia, a cui aderisce la Lega. Ma 26 popolari hanno votato con socialisti (Pd), Verdi, M5S e parte di Renew Europe (i macroniani). Pur condividendo gli obiettivi di de-carbonizzazione, i distinguo a destra ci sono. Pure sui simboli: un segnale chiesto a Meloni da Manfred Weber, che a Bruxelles le sta provando tutte per indebolire «Ursula» e la maggioranza odierna, è la sbianchettatura del simbolo di FdI, da cui potrebbe sparire la Fiamma. Tema sensibile per i meloniani, che ritarda il chiarimento sul futuro mènage col Ppe. A (ri)aprire le danze, ci ha pensato il Cavaliere, archiviando il consolidato paradigma popolari-liberali-socialisti: «Ha fatto il suo tempo». Berlusconi crede e investe sugli alleati italiani: «Se dentro o fuori dal Ppe lo devono decidere loro». Prima bisogna superare ogni scetticismo verso la casa comunitaria. Patti chiari, amicizia lunga: sembrano dire i protagonisti. Matteo Salvini commenta la prospettiva comune limitandosi a dire di star lavorando a un accordo tra i partiti di centrodestra a Bruxelles, con l'obiettivo di rendere più incisive certe battaglie. Ma chiede cosa pensi il Ppe sull'utero in affitto - per lui «un abominio» - o sulle restrizioni all'automotive «che mettono in ginocchio imprese e lavoratori». Insomma, non sbatte la porta in faccia all'idea auspicata dal Cav, anche se, precisa Salvini, «non è all'ordine del giorno l'entrata della Lega nel Ppe». Quel che è certo è che l'Italia è l'incubatore di questa alleanza embrionale a due o a tre. Ppe e Conservatori (guidati oggi da Meloni) si sono già saldati su certi dossier. Carlo Fidanza, capodelegazione FdI all' Europarlamento, traccia una possibile rotta per star insieme: rendere economicamente sostenibile la transizione ecologica; regolamentare l'immigrazione, arginare i flussi irregolari, accogliere solo chi ne ha diritto e chi può essere integrato nel nostro tessuto socio-economico (e su questo non è lontano neppure dal verbo multiforme di un Macron che ora teme l'ascesa di Le Pen). Ancora: «Porre un freno all'ubriacatura ideologica dell'agenda Lgbt - dice Fidanza -, contrastando ogni discriminazione ma al tempo stesso rimettendo al centro la famiglia naturale e la libertà educativa». Berlusconi scommette su chi ha un'idea chiara dell'identità europea e delle sue radici liberali e giudaico-cristiane. E se in Spagna dovessero vincere i popolari il 23 luglio, e governare con Vox (affine a Meloni), sarebbe l'ennesimo segnale di intesa «politica» da riproporre in Ue in modo più o meno strutturato. Aprire le porte del Ppe non significa necessariamente spalancarle.

Il nuovo assetto, se non un unico grande gruppo - sarebbe comunque una piccola rivoluzione.

Commenti