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«Il grillino si scusi, parla come un mullah»

RomaIgnazio La Russa, ex ministro della Difesa, il grillino Alessandro Di Battista dovrebbe dimettersi o no dalla vicepresidenza della commissione Esteri della Camera?

«Il suo comprendere, e in qualche modo giustificare, i terroristi è grave. Non credo, tuttavia, che le sue dimissioni cambierebbero molto la situazione ma...».

Ma?

«Capisco il direttore del Giornale Alessandro Sallusti: chiede un gesto, un segnale da parte del deputato che ha detto una cosa inquietante. E comunque pochi ci hanno fatto caso».

A cosa scusi?

«Al fatto che ricoprisse quella carica in Parlamento. Non me ne sono mai accorto io e neppure gli onorevoli colleghi due giorni fa, quando le commissioni di Camera e Senato hanno approvato l'invio di armi ai curdi: risulta che Di Battista fosse in Nepal, diciamo per una “meritata vacanza”».

Quindi va bene così?

«No che non va bene. Mi sarei aspettato che, dal Nepal o da qualsiasi altro luogo fosse, il grillino rettificasse o spiegasse meglio il suo pensiero. Anche perché non sono solito condannare alcuno per una frase soltanto. Ma s'è spiegato meglio oggi?».

Le confermo: nessuna rettifica. E chiaro è stato chiaro: ha detto che quando non hai altro modo per difenderti sei costretto a caricarti di esplosivo.

«Non è neppure originale, Di Battista: sono le stesse parole esatte che si sentono in alcune moschee dove si indrottina la gente al jihad. E Di Battista non ha neppure quel terribile alibi di provenire da quella formazione culturale».

Poi auspica una trattativa con quelli dell'Isis.

«Non so se è giusto o sbagliato ma le trattative con i terroristi ci sono e ci sono sempre state. Quello che è grave è che non si renda conto che le parole sono pietre. E lo dissi pure in Aula a una sua collega grillina».

Cioè?

«Tempo fa alla Camera una deputata del M5S parlò in termini di assoluta parificazione tra i nostri soldati e i terroristi. Mi feci sentire io, nella semi indifferenza dell'Aula».

Alcuni intellettuali sono portati ad addossare all'Occidente tutte le colpe: anche quella di aver in qualche modo creato i terroristi. Perché?

«All'origine c'è una formazione antiamericana e antimilitaristica che, in parte, nel passato ha lambito anche la destra. L'intellighenzia di sinistra, allineata con l'Urss contro gli Usa e l'Occidente, ha sempre instillato questo concetto».

Anche Massimo Fini, che di sinistra non è, però ha dichiarato di stare con Isis. Ha tirato in ballo la guerra asimmetrica: da una parte ci sono i coltelli, dall'altra i droni.

«Anche le Brigate rosse avevano i kalashnikov e le pistole mentre l'esercito aveva anche i missili. Ma che discorso è?! A Fini piace definirsi non di sinistra per poi piazzarsi nella casella sbagliata. Che vuole che le dica? Cosa si fa per avere visibilità...».

Torniamo all'Irak: armare i peshmerga curdi può essere risolutivo?

«No.

Risolutivo non lo è mai. È un dato tattico ma non strategico. È una carta per ottenere un'utilità momentanea che va assolutamente giocata. Ma se questa non è accompagnata da una grande azione diplomatica difficilmente porterà frutti».

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