Milano - La tempesta che da ieri sferza il Regno Unito e l'Europa si abbatte anche sulla rotta politica del Movimento Cinque Stelle. Nelle ore in cui trionfa il populismo antieuropeista dell'ormai ex alleato di Grillo a Bruxelles, Nigel Farage, dal blog piove la virata dei pentastellati: «Il M5s è in Europa e non ha nessuna intenzione di abbandonarla», bensì di «trasformarla dall'interno», perché d'ora in poi «o cambia o muore».
Il movimento che sin dalla sua nascita va predicando la fine della moneta unica non sale sul carro della Brexit per festeggiare con la numerosa famiglia degli euroscettici. E la presa di distanza dal Leave piomba come un fulmine a ciel sereno ad agitare le anime della base. Scivolano in secondo piano le affermazioni antisistema, («La Troika deve iniziare a domandarsi dove ha sbagliato», «no a un'Unione di banche e lobby»), nel lungo post intitolato La Ue o cambia o muore agli occhi dei militanti ce n'è abbastanza per intravedere una svolta filo europea nella creatura di Grillo. Dalle iniziali richieste di «chiarimento» alla rivolta il passo è breve: «Arrivederci - scrive un iscritto - non vogliamo un altro Tsipras». «Ok, sull'Europa la pensate come Renzi, ricevuto». I militanti per di più si accorgono che il post pubblicato alla vigilia del referendum inglese è lo stesso messo in rete un mese fa, un copia in colla modificato in chiave pro Ue: scomparsi i dubbi sollevati sulla permanenza nell'Unione, compare la necessità di restarci. Ma gli iscritti non ci stanno a sentire in parte rinnegata la profezia con cui dieci giorni fa al Corriere lo stesso Farage rinforzava l'asse anglo-italiano nella madre delle battaglie contro Bruxelles: «Grillo e io distruggeremo la vecchia Ue. Il 19 giugno i 5 Stelle eleggono il sindaco della Capitale e cambiano l'Italia. Il 23 giugno la Gran Bretagna esce dall'Unione e cambia l'Europa». All'alba del nuovo giorno sì, la Raggi siede al Campidoglio e il Regno Unito se n'è andato per davvero. Ma su una cosa Farage si sbagliava: non sarà il Movimento a portare avanti la spallata.
Dopo tutti gli slogan e i vaffa, il «non partito» che accarezza l'ambizione di guidare il Paese alle prossime elezioni prosegue nel suo percorso di accreditamento internazionale che ha il volto rassicurante e la voce non gridata del candidato premier in pectore Luigi Di Maio. La conquista della credibilità dentro - con i nuovi sindaci a Roma e Torino - e fuori confine - con il vicepresidente della Camera in tour nelle ambasciate europee - nella lunga marcia verso Palazzo Chigi passa anche da qui. Da una metamorfosi che smussa gli estremismi degli inizi, che ha già innescato la marcia indietro sulla stepchild adoption, che si irrigidisce sull'immigrazione incontrollata e che infine, su Brexit non si galvanizza con leghisti e lepenisti. Sebbene mantenga il punto contro la moneta unica e la necessità di una consultazione sul tema. Ed è questa l'arma sfoderata per difendersi dalle accuse di incoerenza che non smettono di travolgere i cinque stelle per tutta la giornata. «Il M5S non ha mai detto di voler uscire dall'Ue, e ha sempre creduto che a dover decidere sulle questioni decisive debba essere il popolo: abbiamo raccolto le firme per il referendum sull'euro per far decidere gli italiani sulla sovranità monetaria». Non si parli di «ennesima capriola», dunque, come invece polemizza Matteo Salvini giudicando la reazione «tiepidina» dei grillini alla Brexit.
«Il M5S mantiene con coerenza la sua posizione. Tanto sull'euro quanto sul valore del referendum. Ci siamo candidati alle europee per entrare dentro le istituzioni e cambiare l'Europa delle Banche». Un iscritto: «Davvero l'avete scritta voi questa roba?».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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