Grillo genuflesso ad Avvenire spacca la stampa cattolica

Il flirt con il leader intervistato dal giornale dei vescovi irrita Famiglia Cristiana: «M5s agli antipodi della Chiesa»

«Nell'intervista rilasciata oggi ho espresso le mie opinioni personali. Non ho impegnato in alcun modo il mio editore».

A sera, la precisazione obbligata del direttore di Avvenire Marco Tarquinio lascia trasparire che il pasticciaccio combinato ieri con l'uno-due dell'affettuosa intervistona a Beppe Grillo sul giornale dei vescovi, abbinata ad un'ancor più affettuosa intervista del medesimo Tarquinio al Corriere della Sera per confidare le «molte sensibilità in comune» coi grillini, ha causato una notevole irritazione nelle alte sfere vaticane.

Irritazione che, nel pomeriggio di ieri, aveva già preso corpo in una dura nota di Famiglia Cristiana che prendeva seccamente le distanze: «Non c'è argomento etico che non veda il Movimento 5 Stelle sulla sponda opposta alla dottrina della Chiesa». Poi, evidentemente, è arrivata la richiesta a Tarquinio di fare mea culpa, liberando la Cei dal sospetto di essere pronta a salire giuliva sul carro dei presunti vincitori, i vari Dibba e Di Maio, che ormai si sentono ad un passo dal governo. «Ci arriveremo per un fenomeno naturale - annuncia Grillo via Avvenire - e il nostro governo sarà molto difficile da zittire con il dito ossuto della Germania o con la tracotanza delle banche». Manca solo il naso adunco della finanza ebraica, e poi l'intervista potrebbe essere applaudita da Goebbels. Contemporaneamente, l'incauto Tarquinio si sdilinquiva sul Corriere, lodando la «serietà» con cui i M5s hanno dato battaglia contro l'apertura domenicale dei negozi avversata anche dal clero: «Una dimostrazione di serietà, un politico che ha preso coscienza di un problema reale. Sono interlocutori del mondo cattolico, sui grandi temi abbiamo la stessa sensibilità». Una vera dichiarazione d'amore, subito ricambiata dall'aspirante premier senza congiuntivi Di Maio: «È stato tutto molto naturale, ci siamo ritrovati su questi temi». Il tutto chiosato da un commento di Massimo Franco, corrierista di antiche simpatie ruiniane e di recenti afflati grillini (fu lui il primo, volenteroso Virgilio dell'ambizioso Di Maio nei rapporti con l'establishment), che sancisce che i Cinque Stelle sono i nuovi interlocutori del Papa, auspicando l'intesa.

Dietro lo scambio di amorosi sensi, dicono i ben informati, ci sono i movimenti in corso nel corpaccione ecclesiale alla vigilia del rinnovo del vertice Cei, in maggio. La vecchia guardia ruiniana (di cui anche la direzione di Avvenire è espressione), che convice a fatica col Papa, teme di venirne ridimensionata. E c'è chi interpreta l'exploit di Tarquinio come un tentativo di alzare la posta per evitare siluramenti. Ma anche come una ricerca da parte di quell'area di nuovi interlocutori politici, dopo la rottura con Berlusconi sui suoi costumi privati e quella con Renzi, cui la chiesa tradizionalista non perdona le unioni civili. Anche se, in verità, anche a molti vescovi di provenienza ruiniana i Cinque Stelle piacciono poco o punto: particolarmente a quelli che, da Livorno a Roma a Torino, hanno la sventura di esercitare in diocesi sotto il governo grillino e di vederli dunque da vicino all'opera.

Insomma, scrive un esponente del cattolicesimo democratico di provenienza Fuci come Giorgio Armillei, si è trattato di «un'offensiva mediatica in grande stile» di Corriere e Avvenire «per dare il

segnale che elite cattoliche e curia vaticana sono con Grillo. Una forzatura, anche se inserita in un lucido disegno», ma «giocata così male da prenderle di santa ragione». Come dimostra la retromarcia serale di Tarquinio.

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