Grillo jr, la sentenza slitta a settembre

Altro rinvio dopo 3 anni di processo. Il legale di Capitta: "Lo chiamano stupratore"

Grillo jr, la sentenza slitta a settembre
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"Questa storia è stata drammatica anche per loro, anche per gli imputati", aveva detto Gregorio Capasso, procuratore della Repubblica di Tempio Pausania, nella sua requisitoria contro Ciro Grillo e i tre amici imputati insieme a lui di stupro di gruppo, prima di chiedere la condanna di tutti a nove anni di carcere: e quel passaggio era stato criticato, perché sembrava mettere sullo stesso piano le sofferenze delle vittime con quelle dei presunti colpevoli.

Ma ieri, nell'aula del tribunale sardo, arriva un flash che fa capire come un processo che dura da sei anni sia inaccettabile anche per gli accusati. Parla Mariano Mameli, difensore di uno degli imputati, Edoardo Capitta: "Capitta - racconta ai giudici l'avvocato Mameli - fa l'allenatore di calcio in una squadra parrocchiale di Genova. Ogni tanto dagli spalti qualcuno grida Capitta stupratore". Un marchio che, dopo sei anni di esposizione mediatica, rischia di restargli addosso anche in caso di assoluzione.

Come sia stato possibile che tra la denuncia della vittima, presentata ai carabinieri di Milano il 26 luglio 2019, dieci giorni dopo i fatti, sia trascorsa una simile, incredibile quantità di tempo, sarebbe un caso da manuale da studiare nelle scuole di diritto. Non c'è stato un solo magistrato, tra quelli che si sono occupati della vicenda (Procura, giudici preliminari, tribunale) che abbia impresso al fascicolo un'andatura accettabile.

Il clou è arrivato quando nel marzo 2022 è finalmente iniziato il processo: che si sta trascinando da ormai oltre tre anni, al ritmo di una udienza al mese, cui i giudici dicono di essere costretti dalla carenza di organico e dal sovraccarico di lavoro.

Ieri a un certo punto sembrava che si intravvedesse la fine: con l'intervento dell'avvocato di Capitta erano finite le arringhe dei difensori, nulla impediva più che il tribunale presieduto dal giudice Marco Contu si ritirasse in camera di consiglio per emettere la sentenza. Invece il procuratore Capasso, che pure aveva parlato per una intera udienza il 30 giugno, ha spiegato che dopo avere ascoltato le difese aveva necessità di replicare, a quel punto i legali hanno manifestato la legittima intenzione di controreplicare, e il tribunale non ha potuto fare altro che rinviare ad un'altra udienza: non tra una settimana ma tra un mese e mezzo, il primo settembre. Se non ci saranno altri inciampi, il 3 dello stesso mese dovrebbe arrivare la sentenza.

Né S., la giovane italonorvegese che ha sporto denuncia, né la sua amica A., che ne raccolse il primo drammatico racconto, saranno più le stesse che, già mezze brille, accettarono l'invito dei quattro bei ragazzi a seguirli nella villa di Beppe Grillo. E non lo saranno neanche i quattro imputati.

Nelle loro ultime arringhe, ieri e nei giorni scorsi, i difensori degli imputati sono tornati a insistere sull'unica ricostruzione che può salvarli dalla condanna: S. era lucida e consenziente, ha avuto spontaneamente plurimi rapporti sessuali, e poi (chissà perché) si è inventata di essere stata ubriacata e costretta a subire.

Nel corso del processo, dicono, la ragazza ha avuto modo di fornire la sua versione con tutti i comodi, "siamo arrivati al punto che la testimone ha integrato il suo racconto con gli elementi tratti dalla

stampa"

Dimenticando di ricordare che S. è stata sottoposta a un controinterrogatorio martellante: trentacinque ore, 1.675 domande. "Non ho mai visto niente del genere", ha commentato l'avvocato della ragazza, Giulia Bongiorno.

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