Rischiatutto criminale. Una domanda chiave e un montepremi di 367.000 euro. Partiamo dai quattrini: 367.000 sono i soldi che Raffaele Marra avrebbe ricevuto con assegni circolari da Sergio Scarpellini, palazzinaro della Casta, un gentleman meglio noto come er cavallaro (definizione del grillino Di Battista e dei suoi seguaci). Soldi che servivano all'allora direttore dell'ufficio politiche abitative del Comune di Roma per riscattare l'appartamento di via Prati Fiscali. Questo, leggendo le prime carte dell'inchiesta, è il passaggio dell'inchiesta sul quale si concentrano i carabinieri. Marra, dirigente comunale difeso, rispolverato e amato dalla sindaca Virginia Raggi, è stato arrestato ieri mattina. L'accusa è di corruzione, in carcere è finito anche Scarpellini.
Chiarita l'origine del primo malloppo individuato dagli inquirenti, ecco la domanda che apre un nuovo romanzo criminale: quale destino attende la sindaca e i suoi assessori? Raggi ha la risposta pronta, va in conferenza stampa, non ha per nulla lo sguardo smarrito. Attacca: Il dottor Marra è, come ho sempre detto, uno dei 23.000 dipendenti capitolini. Non è un esponente politico di questa giunta. Ci siamo fidati di Marra e abbiamo sbagliato. Chiedo scusa ai romani, al Movimento e a Beppe Grillo, che su Marra aveva sollevato qualche perplessità. Marra non è il mio braccio destro, il mio braccio destro sono i cittadini romani. A Grillo, poi, arriveranno anche le scuse private della sindaca. Grillo ascolta, si fida. Anzi, si fida a metà: "Voglio vedere tutti gli atti, di Virginia e di questo Marra". Giudizio sospeso. La sindaca pare non scomporsi, va con il gran finale: Voglio essere chiara: l'amministrazione va avanti. Ancora: Andiamo avanti con serenità, grazie. Sipario e prima sorpresa, con una sfumatura da non sottovalutare: la sindaca si alza, parte un applauso. Perché Movimento vuol dire consenso e le truppe grilline sono ovunque.
Virginia Raggi va avanti lo ribadisce ai suoi, prima della riunione di maggioranza, intorno alle 18.30: Col cavolo che mollo. I romani ci hanno scelto, abbiamo il 70%, abbiamo il consenso, Beppe non ci molla. Sono i soliti due o tre parlamentari che fanno casino, cercano solo di accreditarsi a livello nazionale. Poverini.
Poverina, la senatrice Paola Taverna, che ci prova subito: Le scuse non bastano. Poverina Roberta Lombardi, deputata, che aveva definito Marra il virus che infetta il Movimento e ora se la ride: Parlano i fatti, sono contenta di stare dalla parte della ragione. La sindaca va, avanti tutta. Il consenso, quel 70% (in verità è solo il 67,15), lega le mani a Grillo. La linea non si cambia, malgrado le solite perplessità di Davide Casaleggio, figlio di chi insieme al comico genovese inventò il Movimento. Si voterà a giugno, ora stiamo uniti, poi si vedrà, dice ai suoi Danilo Toninelli, mentre in Lombardia cerca di costruire la nuova classe dirigente e di alzare il profilo dei futuri candidati: più notai, meno disoccupati.
A Milano le idee di Casaleggio trovano terreno fertile, qui il consenso non c'è e Grillo non si fa vedere e loro si sentono abbandonati. La guerra è appena iniziata: perde posizioni Di Maio, che ha sempre difesa Virginia Raggi.
Stabile Di Battista, in crescita Lombardi, Taverna e soprattutto Chiara Appendino: lei sì che sa evitare i guai e amministrare Torino. Rischiatutto, ultima domanda: chi sarà il prossimo candidato premier dei Cinque Stelle? Poverini, a loro solo questo interessa davvero.
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