Berlino Fino a un paio di giorni fa i giochi sembravano fatti e l'accordo per un programma di governo quasi ultimato. Angela Merkel aveva sperato di poter chiudere la partita del rilancio della große Koalition con i socialdemocratici proprio per oggi. Venerdì invece è stata la stessa cancelliera a spiegare che fra il suo partito e la Spd «c'è tutta una serie di importanti differenze» da superare prima di poter varare un nuovo governo. «Abbiamo molto lavoro davanti a noi» ha detto la cancelliera. Eppure le parti si erano appena accordate sul difficile nodo del ricongiungimenti famigliare per i profughi (mille al mese, a partire da luglio) e la notizia aveva alimentato un moderato ottimismo. Ottimismo che invece è evaporato, sostituito da un dato sottolineato dalla stampa: nella storia Repubblica federale tedesca, e cioè dal lontano 1949, mai prima d'ora la politica aveva impiegato così tanto tempo per dare un esecutivo al Paese.
Con la doppia aggravante che da un lato l'accordo ancora non c'è, e che dall'altro se anche Cdu e Spd annunciassero la sigla di un accordo definitivo oggi stesso, Merkel resterebbe ancora appesa al referendum interno al partito socialdemocratico, con ciascuno dei 445 mila iscritti chiamato a esprimersi sul programma di governo. Comunque vada, le condizioni per una Merkel indebolita sul piano interno e internazionale ci sono tutte: i partiti chiamati a formare il nuovo governo hanno perso alle elezioni un complessivo 14% dei consensi; dopo oltre quattro mesi di negoziati con verdi e liberali prima, e con la Spd poi il governo ancora non si vede; secondo Deutschlandtrend, infine, il 46% dei tedeschi si oppone apertamente a un quarto mandato per la cancelliera.
Trovata l'intesa sui rifugiati, sui 45 miliardi di investimenti pubblici, sull'assunzione di 15 mila nuovi poliziotti e sulla possibilità di revocare la nazionalità tedesca a chi dopo averla acquisita si sia macchiato di reati di terrorismo, è la politica sociale a dividere ancora la Cdu dalla Spd. Nella speranza di acquietare la metà del partito contraria a governare ancora con Merkel, il leader socialdemocratico Martin Schulz chiede più flessibilità per i lavoratori che vogliano passare da tempo pieno a part-time, e una perequazione fra le assicurazioni sanitarie pubbliche e private. Scelte sgradite agli imprenditori che si sentono «traditi» da una cancelliera sempre più incline ad accontentare il fronte progressista: all'ondata di investimenti, le pmi tedesche avrebbero preferito un taglio delle tasse. D'altronde Merkel è legata a doppio filo a Schulz, che subisce la fronda della sinistra e dei giovani socialdemocratici (gli Jusos).
Il loro leader Kevin Kühnert ha lanciato una campagna di tesseramento al solo scopo di affossare l'intesa fra Schulz e Merkel. Poiché la tessera della Spd costa 5 euro al mese, Kühnert ha lanciato uno slogan: pagate 10 euro, votate e mandiamoli a casa.
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