Guccini-Sarri ultimi comunisti da osteria

Guccini-Sarri ultimi comunisti da osteria

L'idea di Marino Bartoletti è un pezzo del giornalismo ormai scomparso se non nei diari o negli album di famiglia. Trattasi di un incontro allestito in casa tra Francesco Guccini e Maurizio Sarri. Qui già dovrebbe scattare la domanda: dov'è l'errore? Beh, la risposta è abbastanza scontata e facile: non certamente Marino che ha la valigia gonfia di memorie belle, non certamente Guccini, maestro di parole e di racconti cantati ma quell'allenatore che finge di essere contro ma poi si allinea, il comunista di repertorio, attaccato alla falce e al martello ma pure al conto corrente, essendo stato, fra l'altro, un buon consulente finanziario. Dunque Sarri Maurizio è presente perché Guccini, a parte il timbro di voce, ama il calcio, è juventino di fede, platiniano di credo, e l'amore di Marino Bartoletti ha cercato di ricostruire, non in uno studio televisivo o alla festa dell'Unità che fu, ma nella dimora dell'artista (inutile spiegare quale sia l'identità dello stesso) le immagini di Rocco e Brera, uniti sotto un pergolato triestino, messi assieme da Gianni Minà, a parlare di football e di vino. Il vino è presente anche nell'immagine rustica pubblicata su Facebook da Marino, in verità trattasi di due bottiglie chiuse, tappate, appoggiate su una tovaglia non di fiandra ma di colore e disegno improbabili, dinanzi all'allenatore una tazza svuotata di caffè, Guccini ha un bicchiere di vetro spesso che potrebbe avere contenuto dell'acqua, almeno fino al momento dell'istantanea, poi un piatto di coccio con ciliegie, una copia di Repubblica, due cellulari, attorno c'è un tinello dei favolosi anni Cinquanta. Hanno parlato di calcio e di musica, forse anche di politica, Guccini ha di recente chiarito che l'etichettificio costruitogli addosso dalla propaganda non corrisponde a verità: «Sono di sinistra ma non sono mai stato comunista», così parla un uomo libero, di sinistra e non della sinistra, come si usava dire di Giorgio Gaber. Gli agiografi del tecnico scrivono che legga Bukowski, questo serve per l'identikit culturale del soggetto che poi si esprime con una lingua e un linguaggio raramente alto e mai risciacquato in Arno, anzi odora d'altro. Un comunista convinto che però ha capito che il capitale serve, sia quello di un imprenditore del cinema, De Laurentiis Aurelio, eppoi addirittura quello degli Agnelli e per, chiudere il cerchio del trasformismo, la squadra con la tifoseria più fascista d'Italia e un presidente che usa il latino per esprimere la qualunque.

Il presepe di Marino Bartoletti, conferma l'assoluta normalità quotidiana del maestro Francesco, di contro mostra il Sarri già conosciuto e riconoscibile dalla veste sciatta, dagli occhiali inforcati sul capo. La vera notizia è che Sarri non stia fumando e che l'unica sigaretta presente stia tre le dita di Guccini. Prosit.

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