Non solo il ruolo di difensore della fede. Vladimir Putin, in quello che si sta delineando come un vero scisma all'interno della Chiesa ortodossa, potrebbe perdere qualcosa di più concreto, ma altrettanto simbolico: l'accesso al Monte Athos, uno dei luoghi sacri del cristianesimo orientale, soggetto alla giurisdizione ecclesiastica del patriarcato ecumenico di Costantinopoli, che guida l'intera Chiesa ortodossa e da cui Mosca ha appena chiesto il divorzio. La rottura dei rapporti potrebbe tradursi nello stop ai 20mila fedeli russi che ogni anno si recano in pellegrinaggio nei venti monasteri del promontorio, territorio autonomo della Grecia settentrionale, al confine con la Macedonia. Ma tant'è: Putin sembra pronto ad accettarlo, pur di non perdonare l'autonomia concessa da Costantinopoli alla Chiesa ucraina, finora sottoposta al controllo russo.
Da quando, tre giorni fa, il patriarca moscovita Kirill ha ufficializzato la separazione dal resto del mondo ortodosso, le autorità spirituali russe si sono già contraddette sulla questione dell'Agion Oros, la Sacra Montagna. Lunedì la Tass, l'agenzia di stampa russa, scriveva che il portavoce di Kirill aveva comunicato che i fedeli russi - che sono circa la metà dei 300 milioni di ortodossi globali - non avrebbero più potuto pregare né ricevere la comunione nelle chiese e nelle cattedrali del Monte Athos. Uno smacco difficile da digerire, se si pensa che lo stesso Putin vi si è recato sia nel 2005 sia nel 2016, e che le sue visite hanno rilanciato notevolmente i pellegrinaggi dalla Russia: se prima del 2005 la maggior parte dei fedeli che vi approdava era greca, ora la metà arriva dalla madre patria e il monastero cosiddetto «russo», dedicato a San Panteleimone, conta una settantina di monaci e ha una foresteria che può ospitare 500 pellegrini. Senza contare che la struttura religiosa, fondata a metà Settecento, contiene quelle che vengono considerate le reliquie del santo a cui è dedicata ma anche quelle di San Giuseppe, dell'apostolo Tommaso e un pezzo di pietra proveniente dalla tomba originale di Gesù. Facile capire perché, secondo la Bbc, dal 2005 a oggi vari privati russi abbiano donato al monastero più di 200 milioni di dollari. Martedì la Chiesa russa ha fatto parzialmente marcia indietro: sempre la Tass riportava che i fedeli potranno comunque pregare sul Monte Athos, così come è concesso fare nelle chiese cattoliche, ma comunione e messe dovrebbero essere in ogni caso interdette.
La situazione, dunque, è in divenire. Ma resta il fatto che i russi potrebbero essere i prossimi a essere esclusi dal sito, già vietato alle donne fin dalla sua fondazione (animali compresi: sono ammessi solo felini femmine, e solo perché uccidono i topi).
Mosca spera ancora che l'Ucraina riveda la sua decisione di diventare una Chiesa acefala, autonoma, e torni sotto la sua ala. Ma la crisi della Crimea, che ha incrinato i rapporti tra i due Paesi e su cui la Chiesa russa non ha mai speso una parola, fa credere che Kiev non tornerà sui propri passi.
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