Politica

"Guerra", "nemico" e "vendetta". Le parole che non possiamo dire

In Europa non si vergognano a pronunciarle ma in Italia inventiamo sinonimi esilaranti

"Guerra", "nemico" e "vendetta". Le parole che non possiamo dire

L'emergenza terrorismo ha inaugurato un nuovo linguaggio, modificando il vocabolario della leadership europea, sempre attenta a misurare i termini, ma che in queste occasioni ha dato prova di creatività, talvolta esilarante come accade in Italia, o di durezza non comune. Consultiamo questo dizionario aggiornato.Aggressione. È la definizione data dal nostro premier Renzi agli attacchi di Parigi perché ha detto «sono molto prudente sulle parole». Peccato sia lo stesso termine che si usa per descrivere i soprusi di un bulletto ai compagni di scuola. Combattere. Il capolavoro dialettico del ministro degli Esteri Gentiloni in cui si afferma un concetto negandolo: «Dobbiamo combattere i terroristi sul piano militare, ma senza entrare in una dinamica di conflitto». Come se la guerra sia una realtà solo quando la si chiama per nome.Difesa Attiva. Un termine entrato nella storia e coniato dall'ex premier D'Alema. Già nel 1999 la parola guerra era un tabù per la sinistra nostrana. I 600 raid aerei quotidiani sulla Serbia non erano un atto di guerra ma semplice «difesa attiva».Guerra. Il primo a rispolverarla è stato il presidente francese François Hollande, subito dopo gli attentati. Ma in Italia come sappiamo è una parola proibita: «Capisco chi utilizza la parola guerra ma io non la uso» ha detto Renzi. Eppure gli attacchi contro Parigi sono stati azioni militari coordinate, senza contare che la guerra l'ha dichiarata formalmente lo Stato Islamico. Che non ha paura di usare le parole.Missioni di pace. Il termine più abusato negli ultimi 20 anni per descrivere le guerre, come quella in Irak, Somalia, Afghanistan eccetera, a cui hanno preso parte le forze armate dei Paesi Nato. Raid aerei, mezzi corazzati, attentati, colpi d'artiglieria e militari caduti non significano guerra. L'ipocrisia record poi la esprime l'Onu che addirittura categorizza le missioni: peace keeping e peace enforcing (mantenimento e imposizione della pace), come se inviare soldati a combattere per mantenere o imporre la pace non significhi compiere azioni di guerra.Nemico. Un'altra parola tabù a casa nostra anche se molti leader europei non hanno il timore di usarla. Ma in Italia è un problema genetico: la storia ci insegna che non abbiamo mai avuto nemici perché riusciamo sempre a cambiare fronte quando le cose si mettono male.Pace. La parola più coniugata in Italia e non solo. Eppure la pace non è uno status perpetuo né uno scenario immutabile. Ma non ditelo pubblicamente perché politici e intellettuali politically correct potrebbero ghettizzarvi.Sfida. Non è il duello in pista tra Valentino Rossi e Jorge Lorenzo, ma la guerra all'Isis secondo Renzi: «La sfida la vinci se riesci a vincere la sfida educativa, non semplicemente con le azioni militari». Sfida educativa? Vuole forse mandare i nostri liceali a competere con quelli del Califfato in una gara di matematica? Solidarietà. Un altro termine abusato quando stragi e delitti funestano la vita europea, ma la solidarietà è sempre cosa gradita. A meno che non sia la clausola europea del Trattato di Lisbona che impone ai tutti i Paesi Ue di assistere anche militarmente un Paese colpito da attacchi o calamità naturali. Per il governo Renzi è indigesta e la richiesta francese non gradita.Vendetta. «La nostra vendetta sarà spietata», ha detto Hollande alla nazione annunciando guerra totale all'Isis. Ma anche questo è un termine che in Italia trova spazio solamente nella Bibbia.«Le parole significano il rifiuto dell'uomo di accettare il mondo così com'è», scriveva il filosofo Walter Kaufmann. E la nostra classe dirigente oggi rifiuta di accettare la realtà.

Non sappiamo cosa si nasconda dietro a questa paura spacciata per buon senso, ma sappiamo che non accettare il mondo per quello che è non ci metterà al riparo dai terroristi.

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