"La guerra serve per arrivare alla pace e per spingere Hamas a liberare i rapiti"

Il deputato del Likud Boaz Bismuth, il partito del premier: "I terroristi sono dei barbari, lucrano anche sugli aiuti umanitari"

"La guerra serve per arrivare alla pace e per spingere Hamas a liberare i rapiti"
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«Per ottenere la pace, dobbiamo vincere la guerra». Boaz Bismuth è un deputato della Knesset, il Parlamento israeliano in cui rappreseta il Likud, il partito del primo ministro Benjamin Netanyahu. Ha un passato da diplomatico e giornalista nelle zone di guerra ed è stato direttore del quotidiano israeliano Israel Hayom (Israel Today). Lo abbiamo incontrato proprio mentre la tregua fra Hamas e Israele si è interrotta dopo due mesi e le bombe sono tornate a colpire la Striscia di Gaza. Ci dice: «Stiamo combattendo e vogliamo vincere. Non ci fermeremo finché non arriveremo al risultato della deterrenza. Per avere la pace, o più realisticamente stabilità e sicurezza, dobbiamo vincere la guerra».

La comunità internazionale chiede a Israele di fermarsi. Le vittime da inizio conflitto sarebbero ormai 50mila. Il mondo è inorridito. Cosa risponde a chi vi chiede di fermarvi?

«Intanto dico che quei numeri arrivano dal ministero della Salute di Gaza, che è controllato da Hamas e non distingue fra combattenti e civili. Ma mettiamo anche che fossero veri. Vi chiedo: a Gaza vivono solo degli angioletti? Lì c'è un gruppo terroristico che sembra venuto fuori da un'altra epoca, dal tempo dei barbari, che ha attaccato brutalmente i nostri civili mentre dormivano nelle loro case, ha ucciso donne e bambini e tiene ancora prigionieri 59 ostaggi. Ecco perché dobbiamo realizzare tutti i nostri obiettivi: liberare gli ostaggi, eliminare i terroristi e riportare la calma nel Sud e nel Nord del Paese, al confine con in Libano, dove i nostri cittadini sfollati hanno diritto di tornare nelle proprie case in sicurezza».

Anche in Israele, e soprattutto fra i parenti degli ostaggi, c'è preoccupazione per le conseguenze dei raid a Gaza.

«Gli ostaggi sono la mia, la nostra priorità. È urgente riportarli a casa, perché parliamo di vite umane. Ma chiedo a voce alta: qualcuno che conosce Hamas e il modo in cui funziona l'organizzazione terroristica, crede in loro? Crede in quello che dicono, che li rilasceranno tutti? Senza pressione militare non rivedremo gli ostaggi. Anche i gazawi, che pure hanno votato per il gruppo terroristico nel 2007, meritano di più. Il futuro con Hamas non è futuro. Non si può accettare che resti nella Striscia di Gaza».

Israele ha sospeso gli aiuti umanitari a Gaza. Ma i racconti dalla Striscia riferiscono di una situazione drammatica. Questo non vi crea imbarazzo?

«Che ci sia la fame a Gaza è una delle peggiori bugie di questa guerra. C'è una crisi umanitaria, certo, che dipende anche dal fatto che Hamas prende gli aiuti e ci lucra sopra, rivendendoli. Ma c'è una guerra in corso. E dall'Iraq al Kosovo all'Afghanistan non ricordo così tanto sostegno umanitario inviato nel territorio dei nemici di guerra. A Gaza sono arrivati 1.5 miliardi e mezzo di dollari di aiuti. È tantissimo, ma non lo abbiamo fatto per la pressione internazionale. Lo abbiamo fatto perché siamo Israele e abbiamo i nostri valori».

Quando ammetterete i giornalisti nella Striscia per resoconti indipendenti?

«La guerra è una cosa dura e seria. Lo so perché da giornalista sono stato arrestato in Kosovo e in Iraq. E voglio che i giornalisti siano al sicuro. Ecco perché non do una data. La mia intenzione è vincere prima possibile questa guerra».

Le manifestazioni di piazza contro la linea del governo si intensificano. Netanyahu è accusato di voler continuare il conflitto per restare al potere e rimandare i suoi guai giudiziari, mentre è a processo per corruzione.

«Netanyahu ha vinto così tante elezioni che non ha bisogno di usare questi mezzi. La sua è una prospettiva storica.

Ci sono gli ostaggi da salvare, la guerra da vincere. È ridicolo che debba spiegare chi gli ha portato i sigari o chi lo ha favorito nella copertura giornalistica. Anche perché, come vedete anche voi, non si può dire che il premier goda di buona stampa».

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