
Pedro Sánchez pensa ai suoi cittadini, copyright Nicola Fratoianni. Ma in un modo sui generis, verrebbe da aggiungere, stando ai numerosi scandali che lo circondano. Non si esclude una crisi politica in Spagna dopo che il primo ministro socialista sta collezionando imbarazzi e inchieste che hanno colpito il suo cerchio magico, dalla moglie Begona al fratello David, passando per gli alti papaveri del partito Psoe.
La novità di oggi sta nel fatto che la Corte Costituzionale, con una sentenza approvata a maggioranza, ha riconosciuto la legge di amnistia agli indipendentisti catalani come compatibile con la Carta costituzionale. Si tratta di "un'auto-amnistia, che è stata la moneta di scambio che Sanchez ha pagato per diventare presidente del governo dopo aver perso le elezioni generali", attacca il leader del Partito popolare spagnolo, Alberto Núñez Feijóo, secondo cui "l'amnistia è illegale, è immorale, è una transazione corrotta di impunità in cambio di potere ed è un colpo alla separazione dei poteri".
Non c'è solo la destra a criticare Sanchez per quell'accordo (nemmeno sottobanco) con il separatista catalano Carles Puidgemont, ma perfino lo storico ex premier socialista Felipe Gonzalez, secondo cui l'amnistia agli implicati nel processo indipendentista in Catalogna è un atto di "corruzione politica, è una vergogna per qualunque democratico", perché "non è perdonarli, ma chiedere loro perdono". L'ex premier è stato il primo esponente post dittatura in Spagna, ed è voce molto ascoltata anche fuori dai confini nazionali: per questa ragione ha annunciato che non voterà per il Psoe, "non avranno il mio appoggio in nessun modo".
Dal canto suo Sanchez non si sogna lontanamente di scegliere un basso profilo e definisce la sentenza una "magnifica notizia" che chiude "una crisi che non sarebbe mai dovuta uscire dalla politica". Non contento raddoppia la dose comunicativa e, in occasione del Consiglio Europeo, accusa Israele di aver violato l'Articolo 2 dell'Accordo di associazione con l'Ue sul rispetto dei diritti umani. "Pertanto l'Europa deve sospendere l'Accordo con Israele e deve farlo immediatamente", dice, accusando l'Europa di applicare un doppio standard con riferimento alla Russia. Parole che evidentemente mirano a distrarre l'opinione pubblica dalla mole di scandali giudiziari in cui è coinvolto il suo inner circle. Sua moglie Begona è indagata per traffico di influenze e l'università Complutense di Madrid non le ha rinnovato gli incarichi per la cattedra di Trasformazione sociale competitiva. Suo fratello David ha lasciato un incarico statale dopo che un giudice ha detto che era stato "creato per lui". Era direttore musicale regionale ma dopo essere stato indagato per presunta appropriazione indebita, traffico di influenze, uso improprio di fondi pubblici e frode fiscale e previdenziale legata alla sua nomina, ha fatto un passo indietro.
E veniamo al Psoe: i maggiorenti del partito, storici collaboratori di Sanchez, sono coinvolti in una inchiesta di corruzione. Koldo-Ábalos-Cerdán, i tre moschettieri del premier, sono accusati di aver costruito un sistema di corruzione e appalti, che avrebbe fruttato centinaia di migliaia di euro. Il premier non è tra gli indagati al momento, ma gli effetti politici sono evidenti, anche perché si sussurra che potrebbero essere presto diffusi dei messaggi scambiati con Cerdán riguardo a Puidgemont durante i negoziati per l'investitura e l'amnistia.
E mentre qualcuno in chiave anti-Nato tesse le lodi di Sanchez, perché si è opposto ad un maggiore budget per la difesa, in patria si moltiplicano le voci contrarie.
Come quella del leader di Vox, Santiago Abascal, secondo cui l'esponente socialista "ci mette in una situazione molto delicata, sull'orlo di dazi ancora più pesanti e noi stiamo cercando di spiegare all'amministrazione americana che una cosa è Pedro Sanchez e un'altra è la Spagna, le istituzioni spagnole, le imprese spagnole. E che Pedro Sanchez è alla fine del suo mandato alla guida del governo".