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Guru in conflitto di interessi. Il Pd non crede alla smentita

Zingaretti: Franceschini ha fatto bene a bloccare in Cdm il piano strategico per la digitalizzazione

Guru in conflitto di interessi. Il Pd non crede alla smentita

La precisazione ha aumentato le perplessità. Sminuito a contributo «gratuito», derubricato a poco più che un «ringraziamento di natura personale», il cognome di Davide Casaleggio ha causato il naufragio del piano per l'innovazione tecnologica presentato dal ministro Paola Pisano. Dopo la notizia che tra gli esperti che hanno preso parte all'elaborazione del piano c'era anche il presidente dell'associazione Rousseau nonché presidente della Casaleggio Associati, società privata che opera nel digitale, il Pd, attraverso il capo delegazione Dario Franceschini, ha deciso di non approvare il documento in Cdm.

Le ragioni sono di natura politica e il Pd non le ha potute certo nascondere. Da qui la scelta di rimandare e approfondire: «Il contesto politico ha pesato» hanno fatto sapere i ministri dem. Gli alleati di governo insomma non credono alle rassicurazioni della Pisano e si interrogano sulla necessità di rimettere al centro il tema del conflitto di interessi, tema del resto che, prima della nascita del Conte II, era stato sollevato proprio dai democratici al punto da scrivere un ddl che legiferava in materia. Ospite a In Mezz'ora in più di Lucia Annunziata, Nicola Zingaretti non si è potuto dunque sottrarre alla domanda riguardo al piano per l'innovazione e ai rischi di una sua eventuale approvazione: «In Consiglio dei ministri è arrivato un testo che tratta di cose delicatissime. Ha fatto bene Franceschini a dire che va verificato se c'è un conflitto di interessi, ma soprattutto c'è un tema sui big data e di fronte a questo il Pd ha deciso di rinviare la discussione». Più ambiguo, ma solo per necessità, il segretario, lo è stato sui rapporti con Casaleggio: «Se il conflitto c'è o si paventa, bisogna stare attenti». Zingaretti ha fatto riferimento a un altro aspetto che riguarda Digitale e nuove tecnologie. Si tratta del 5g e vede protagonisti attori come la cinese Huawei. La sponda orientale è da sempre stata cercata dal M5s e dal suo ministro Luigi Di Maio. «Segnalo che il Copasir ha detto una cosa molto seria: che potrebbero esserci problemi per la sicurezza nazionale. Un governo serio ha il dovere di approfondire le preoccupazioni del Copasir e mettere al centro la sicurezza nazionale» ha dichiarato sempre Zingaretti.

Ma la «collaborazione» di Casaleggio ha scatenato anche l'altro alleato di governo, Matteo Renzi. In un'intervista alla Repubblica ha ribadito che la sua posizione è quella di bocciare il piano per l'innovazione che è stato «redatto con tanto di ringraziamento a Casaleggio. Alla faccia del conflitto degli interessi. Non siamo al governo per votare le scandalose leggi 5s». E se il Pd, per ragion di Stato, prova a contenere la furia, liberi di montare lo scontento sono proprio i parlamentari di Italia Viva.

Come anticipato ieri, Michele Anzaldi ha sottoscritto l'interrogazione di Forza Italia, perché «Il titolare di un'impresa privata che scrive i programmi del governo del settore in cui opera la sua azienda è un caso che non ha precedenti. Serve chiarezza». Più duro è stato il capogruppo al Senato, Davide Faraone su Twitter: «Italia Viva non voterà mai norme che violano il diritto e minacciano gli investimenti e norme che sono in palese conflitto di interessi. Vale per le concessioni, vale per la Casaleggio».

A sinistra, non si sa come uscirne.

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