Guyana sull'orlo della rivolta, ultima grana per Hollande

L'ex inferno degli ergastolani si è trasformato in un inferno criminale per i residenti

Guyana sull'orlo della rivolta, ultima grana per Hollande

Tra i tanti fallimenti della presidenza Hollande, può sembrare uno dei meno gravi. Eppure, a poche settimane dal primo turno delle presidenziali francesi, la lontana e povera Guyana sta presentando a Parigi un conto che potrebbe rivelarsi più salato del previsto. Quattro anni fa il presidente socialista in visita nel dipartimento d'oltremare incastonato tra il Brasile e il Suriname (la ex Guyana olandese) aveva fatto una delle sue tante promesse destinate a rimanere lettera morta: un pomposo «Patto per l'avvenire» dei circa 260mila abitanti di uno degli angoli più dimenticati di ciò che resta dell'impero coloniale francese. Nulla è stato fatto, e oggi la cittadina di Cayenne - nota nel mondo più che altro per la saga penitenziaria di Papillon e per il peperoncino piccantissimo che vi si produce - è teatro di proteste così accese da far temere lo scoppio di una rivolta in grande stile.

Questo remoto lembo di Francia (e quindi anche dell'Unione Europea, di cui è parte integrante come altri territori francesi del Caribe quali le isole di Martinica e Guadalupa) è stato un tempo l'inferno degli ergastolani - il famoso carcere dell'isola del Diavolo fu chiuso nel 1946 - ma si sta trasformando in un inferno per i suoi residenti a causa della criminalità che lo infesta: negli ultimi 12 mesi vi si sono contati una cinquantina di omicidi, 200 stupri e addirittura 428 rapine a mano armata. Cifre impressionanti, il doppio dei reati commessi nella poco tranquilla Marsiglia (che ha cinque volte la popolazione dell'intera Guyana) e un tasso di criminalità 14 volte superiore a quello di Saint Denis, famigerata banlieue parigina.

Il paradosso guianese sta nel fatto che l'estrema miseria dei territori confinanti fa del poco sviluppato territorio francese un obiettivo privilegiato di immigrazioni incontrollate: in fondo, basta superare in piroga il lungo confine brasiliano sul fiume Oyapock o quello del Suriname sul fiume dal beffardo nome di Maroni . Una volta penetrati in... Europa, molti «migranti» si dedicano però ai furti e alle violenze, terrorizzando la popolazione. Tra promesse disattese di sviluppo, lamentele rabbiose per lo stato deplorevole di scuole e ospedali, e insicurezza diffusa nelle (pochissime) città e nei villaggi, ce n'è insomma abbastanza per innescare una rivolta contro una Francia sentita come una tirchia matrigna interessata quasi solo a utilizzare la base spaziale di Kourou.

La rivolta è stata già apertamente minacciata da un gruppo che si fa chiamare «i 500 fratelli», i cui rappresentanti - sinistramente incappucciati di nero - si sono presentati alcuni giorni fa a muso duro all'inviato del governo francese rispedendolo indietro e pretendendo il rapido invio in Guyana di un'adeguata delegazione ministeriale. Le cose sono però nel frattempo precipitate: è stato proclamato uno sciopero generale appoggiato da tutti i sindaci da Cayenne in giù, che ha bloccato la regione.

Temendo l'esplodere del caos a ridosso delle elezioni, Hollande ha deciso l'invio oltre Atlantico del primo ministro Bernard Cazeneuve, che dovrebbe sbarcare alla Cayenne entro questa settimana.

Per l'intanto, il presidente ha definito il ristabilimento della sicurezza «priorità per la Guyana», mentre il premier ha trovato modo di prendersela con «la demagogia elettorale» di Marine Le Pen: la candidata dell'estrema destra aveva denunciato «servizi gravemente insufficienti per l'oltremare francese».

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