Cronache

"Ha contraddetto una vita intera all'insegna del rispetto delle regole"

L'ex magistrato: "Davigo doveva rivolgersi al Csm e al Pg della Cassazione. I verbali clandestini gettano una luce sinistra sul caso"

"Ha contraddetto una vita intera all'insegna del rispetto delle regole"

«Piercamillo Davigo doveva consigliare a Paolo Storari di fare un esposto formale. Seguendo altre vie e diffondendo i verbali secretati al Csm ha contraddetto una vita intera all'insegna del rispetto di regole e procedure». È molto netta Augusta Iannini, in pensione dopo essere stata magistrato nelle carceri, giudice istruttore a Roma, al ministero come direttore generale della Giustizia penale, capo dipartimento Affari di giustizia e capo dell´Ufficio legislativo, infine vicepresidente dell'Autorità per la Privacy.

Al Corriere della Sera Davigo dice che non informò formalmente il Csm proprio per tutelare il segreto investigativo dei verbali di Amara consegnatigli da Storari. Sembra un paradosso. «Seguendo una strada diversa tutto è caduto in un pettegolezzo poco consono al livello istituzionale del Csm. La prima cosa da fare quando il pm di Milano andò da lui era investire del caso ufficialmente gli organi titolari dell'azione disciplinare e in particolare il procuratore generale della Cassazione. E questo evitando di far vedere i verbali a chiunque. Mostrare e consentire la lettura di atti secretati di un'indagine non è un'attività consentita ma una forma di esibizione».

Se lei si fosse trovata al posto di Storari che avrebbe fatto?

«Mi sarei appunto rivolta al Csm e al Pg della Cassazione. Se in un team di lavoro nascono problemi si fa così. A Storari Davigo avrebbe dovuto consigliare l'esposto. Il Pg avrebbe potuto svolgere le sue indagini e sentire anche il procuratore Greco sulle dichiarazioni sulla Loggia Ungheria».

Invece, Davigo fa una lunga lista di consiglieri del Csm con cui parlò mostrando i verbali, a partire dal vicepresidente Ermini e dal Pg Salvi che, dice, «non mi interrogò». Anche un politico, il presidente della commissione Antimafia Morra.

«Quando si sceglie un percorso non ufficiale, di confidenze e mezze voci, i verbali secretati girano clandestinamente, diventano veline, finiscono anche a soggetti esterni al Csm come Morra. Tutto questo getta una luce un po' sinistra sulla gestione dell'intera vicenda».

Per Davigo comunque Salvi fu informato e non ufficializzò la questione.

«Solo un esposto formale avrebbe responsabilizzato i titolari dell'azione disciplinare, che avrebbero dovuto approfondire e nel caso archiviare».

Sembra che invece, per vie traverse, cioè con una telefonata di Salvi al procuratore Greco, si sia cercato di raddrizzare la situazione senza clamore.

«Da quello che leggo sui giornali probabilmente si è cercato di regolarizzare, di proceduralizzare una questione, in un modo lontano dalle regole del codice di procedura penale».

Davigo avrebbe informato anche Fulvio Gigliotti, che presiede la sezione disciplinare. Ora Palamara dice che sia lui che Davigo, avendo letto i verbali collegati alla sua vicenda, dovevano astenersi nel processo che ha portato alla sua radiazione e preannuncia un esposto.

«La giurisprudenza del Csm in casi simili è stata diversa. Concordo sul dovere di astensione. Al di là dei fatti penali su cui si pronuncerà il giudice, il comportamento degli organi disciplinari su Palamara è stato di una durezza inusuale. Anche magistrati arrestati e processati per fatti gravi, come la corruzione, non sono stati radiati in fase di indagini, semmai poi se condannati».

Davigo come esce da questa storia?

«La sua immagine di magistrato risulta diversa da quella che ha mostrato in interviste e prese di posizione: molto attento al rispetto di forme e procedure.

In questo caso, non so se per il contrasto con il collega Ardita, sembra che abbia derogato alle regole che lui stesso si è imposto per tutta la sua vita professionale».

Commenti