Hi «Giuseppi», bella la vita senza l'orco padano con la barba che ogni giorno ti seppelliva sotto una montagna di selfie e di bagni di folla. È un nuovo Conte quello che ha bissato se stesso a Palazzo Chigi senza più l'intralcio di Salvini e di una Lega in testa ai sondaggi che gli hanno giurato vendetta eterna. Così rilassato da celebrare la sua trasferta a New York con una foto su Facebook che trasmette l'immagine che vuole trasmettere: un «avvocato del popolo» che ora gioca in proprio e che si sforza in tutti i modi di apparire come uno di noi. Il classico turista in maniche di camicia con lo sguardo sognante perso nel vuoto, un grattacielo alle spalle e un hamburger esibito un istante prima di essere divorato. La sera è tiepida, la posa informale è giustificata. Il presidente del Consiglio può ritagliarsi una pausa nella missione all'Assemblea generale dell'Onu.
La camicia candida leggermente sgualcita e le maniche arrotolate ricordano un po' l'Obama che non perdeva occasione per farsi paparazzare in un fast food per rimarcare la sua vicinanza con l'americano medio anti salutista che si ingozza con gioia da McDonald's.
Un presidente del Consiglio non fa nulla per caso, soprattutto quando sceglie come apparire. È sempre il capo del governo che nei giorni scorsi è andato a visitare i terremotati di Amatrice con lo stesso look. Prima in abito scuro senza cravatta sotto il sole cocente, effetto relax dopo la terza portata in un banchetto nuziale. Poi finalmente con le maniche arrotolate.
È la nuova via mediatica di un professore che continua a proporsi per vezzo come un giurista prestato alla vita di Palazzo, ma sempre più nei panni di un leader politico pronto a consolidarsi nei futuri assetti della maggioranza giallorossa. La provvisoria uscita di scena di Salvini gli concede praterie sterminate dove scorrazzare davanti a telecamere e smartphone. Il marchio di fabbrica del selfie a ripetizione resta un brevetto del leader leghista, ma ora anche Conte sa come fare. Meno ingessato, ostentazione di vicinanza alla gente comune, passerella vicino alle transenne del pubblico per accarezzare i bambini piccoli sporti dai genitori e per farsi immortalare con un cagnolino fulvo affidatogli in braccio.
Gli italiani sono abbastanza abili a non disturbare il potente di turno, salvo che non sia di centrodestra (decenni a insultare Berlusconi e diciotto mesi ad evocare la resistenza civile contro Salvini). E l'abile «Giuseppi», ben visto da Washington, Bruxelles e Oltretevere, ne approfitta per tessere la sua tela e rimandare a tempi migliori la temutissima resa dei conti alle urne con la Lega tradita. «Lo aspettiamo, non abbiamo fretta», ostenta sicurezza Matteo. Anche troppa. Forse l'ex ministro dell'Interno è riuscito a sbirciare qualcosa di interessante sul conto del suo ex premier tra i dossier custoditi al Viminale. Sono giorni che allude a Conte con frasi sibilline sul «passato da nascondere» e a interrogazioni parlamentari sulle «proprie vicende personali».
Il premier glissa e non risponde. Se è preoccupato non lo dà certo a vedere.
Scherza sul «pane e salame» contrapposto alle bibite gassate da tassare, addenta un hamburger farcito di grassi per smentire propensioni al consumo etico. E pensa al futuro, come resistere a Palazzo Chigi e come tartassare gli sventurati italiani che se lo sono ritrovato per la seconda volta.
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