"Ho insegnato al mondo a bere il vino italiano comprando solo online"

Parla l'ad di Tannico, il sito che in 5 anni ha rivoluzionato l'e-commerce enologico

"Ho insegnato al mondo a bere il vino italiano comprando solo online"

Marco Magnocavallo a 45 anni meno un giorno è il più grande riempitore di calici in Italia. Ci riceve in maglione nell'ufficio milanese della sua azienda che ha voluto in stile Silicon Valley. Tanti giovani, pochi muri, un Pacman anni Ottanta vicino ai bagni, una grande terrazza teatro estivo di accaniti barbecue. Siamo da Tannico, di cui Magnocavallo è fondatore e ad, start-up che ha rivoluzionato il concetto di acquisto e fruizione di un prodotto come il vino, cool ma con un dito di polvere.

Tutto è nato come?

«Siamo partiti quasi cinque anni fa. Io già da quindici ero nell'imprenditoria digitale, poi per un paio di anni sono stato partner di un grosso fondo di investimenti, ma poi mi è tornata una voglia pazzesca di metter le mani nel motore».

Perché il vino?

«Il mondo del vino online soprattutto in Italia era indietrissimo. Sono partito con quattro o cinque soci. Ma all'inizio non avevamo centrato l'idea».

Dove era l'errore?

«Vendevamo i vini ogni giorno di una cantina, un modello tipo flash sale. Era una castroneria allucinante. Il vero appassionato sui incacchia se non trova più un vino che gli è piaciuto. E poi vuole avere un mondo di prodotti davanti e non solo 50. Ed è nato il catalogo dei sogni. Se vuoi un Barolo da noi ne hai 60 o 70 suddivisi per zone, caratteristiche, prezzi».

Bello ma tutto qui?

«No. Abbiamo capito che c'era da lavorare trasversalmente su tutto il settore e abbiamo escogitato Tannico Intelligence, una piattaforma gratuita con cui le aziende vedono i dati di vendite ma anche l'identikit profilato dei consumator e possono i confrontare i propri dati con quelli di cinque competitor a scelta, non sa che scompiglio. Poi l'anno scorso è nato Wine Platform, con cui condividiamo con i nostri clienti il nostro know how su logistica, esportazioni, dazi, accise, customer care, tecnologia; era nato per le piccole cantine, ci stanno dentro 10 dei 20 più grandi produttori italiani, Bellavista, Zonin, Feudi di San Gregorio. E quest'anno apriremo a Milano il primo negozio fisico, che vogliamo innovativo».

E l'estero?

«Vendiamo da pochi mesi in venti Paesi. E sa una cosa? Il consumatore straniero cerca soprattutto i vini del Garda, della Puglia, della Sicilia che ha assaggiato in vacanza. Siamo gli ambasciatori del vino italiano nel mondo».

Che cosa significa essere innovatori in un mondo supertradizionalista?

«Ci sono resistenze incredibili al cambiamento, ma grazie al cambio generazionale ora troviamo gente che parla la nostra stessa lingua. Gente che come me si è rotta le palle del sommelier con il tastevin».

In cinque anni sono cambiati più i produttori o i clienti?

«Più i produttori. Prima nessuno voleva vendere i vini online. Ora ci sono strategie ad hoc per l'online, ci vengono dati prodotti in esclusiva. I clienti non sono cambiati ma aumentati, in molti ancora trovano normale comprare un vestito su Zalando ma non una bottiglia su internet».

Arriveremo mai a saldi di vino?

«Qualcosa del genere già lo facciamo, ma combattiamo con il coltello tra i denti perché l'online non diventi il discount del vino, sarebbe pericolosissimo. Certo, con i prezzi si possono anche cambiare le abitudini.

Noi vendiamo uno Champagne a meno di 20 euro perché lo compriamo direttamente, saltando alcuni passaggi della filiera. E magari qualche italiano capirà che non è un vino da bere per le feste, ma da tutto pasto».

Ma forse questa impresa non riuscirà nemmeno a Tannico.

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