Milano - La butta sul personale: «I calciatori prendono le pedate, ma io ho subito più falli di loro». Poi risale l'albero genealogico delle due famiglie: «Non tutti sanno che mia mamma fu segretaria di tuo padre». Silvio Berlusconi passa il microfono a Massimo Moratti che sta al gioco: «Ha già detto tutto lui. Che altro devo aggiungere?». Il presidente della Regione Roberto Maroni, che officia la cerimonia al trentanovesimo piano di Palazzo Lombardia, gongola: «La fede è rossonera, ma la Rosa Camuna la do a tutti e due».
La bacheca straripante di titoli, il presente avaro, le cineserie. Non è facile guardarsi allo specchio del tempo. Moratti se la cava tessendo l'elogio della follia: «Quando sono uscito da questa storia mi sono voltato all'indietro e mi sono chiesto: Ma ero io quel matto che mandava avanti la squadra?». Berlusconi invece deve ancora elaborare il lutto: «Sabato scorso avrei voluto andare a Milanello, ma non me la sono sentita. Troppo dolore».
Maroni stuzzica il Cavaliere: «Presidente, abbiamo vinto l'ultima Champions dieci anni fa ad Atene. Dai, diamoci da fare». Ma si capisce che era più facile ai tempi di mamma Rosa e del leggendario cavalier Angelo. In due minuti Silvio spiega lo stato dell'arte: «Ho girato Milano per trovare un imprenditore che fosse disposto a rilevare il Milan ma non è saltato fuori. Allora ho allargato le ricerche a tutta Italia: non è spuntato nessuno. I soldi del petrolio hanno cambiato tutto. Oggi è impossibile in Italia e forse in Europa individuare qualcuno che possa rendere competitivo come merita un club di alto livello».
Ci vogliono gli sceicchi o i cinesi che sono sbarcati in città. Moratti conferma di essersi svenato oltre ogni limite: «Un giorno al ristorante ho incontrato Silvio e gli ho chiesto quanto spendesse per la squadra. Lui ha indicato una cifra e io ho pensato: ha esagerato come sempre. Invece aveva ragione. Una pazzia andare avanti». Così anche lui dopo quindici anni ha passato lo scettro. «Questi gruppi cinesi - prosegue l'ex patron nerazzurro - sono fortissimi e la gente si abituerà. Se faranno bene, tutti saranno felici».
Un'epoca si chiude, un'altra si apre. Si nuota nella nostalgia, ma senza rimpianti. E il Cavaliere sfoggia il suo fair play: «Per antica educazione sono abituato a tifare Inter quando i nerazzurri sono impegnati con un'altra squadra e a livello internazionale. Per la stessa ragione sto con la Juve contro il Real: forza Juventus». Applausi su applausi. Il numero uno del Coni Giovanni Malagò racconta che in tutto il mondo sono rimasti colpiti dall'addio di Francesco Totti. Il calcio a volte dà anche lezioni di umanità. E aiuta il prossimo, spegnendo rugginose rivalità nel segno della solidarietà. Ecco l'Inter Campus e la Fondazione Milan. L'aiuto ai poveri che, rimarca il Cavaliere, «sono sempre più numerosi nel nostro Paese». Basta cosi.
Non è giornata da pensieri cupi sulla crisi, il metronomo della festa corre leggero nelle mani del direttore della Gazzetta dello sport Andrea Monti. Prima del finale da fantacalcio: il Governatore regala a Moratti la maglia del Milan, a Berlusconi la casacca dell'Inter. Sorpresa: i destini dei due numeri uno si incrociano ancora una volta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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