Milano L'orgoglio lombardo diventa speranza per il Paese. Il miracolo ambrosiano sarà punto di riferimento da replicare in tutta Italia.
Il nuovo ospedale nel cuore di Milano è pronto: ospiterà il più grande reparto di terapia intensiva d'Italia, è stato allestito in dieci giorni e già all'inizio della prossima settimana comincerà ad accogliere i primi 28 pazienti (a regime arriverà a 200).
Un simbolo concreto, realizzato da Regione e Fondazione Fiera, ora inquadrato come reparto dello storico Policlinico di Milano. Provvidenziale. Da subito servirà a evita il collasso delle altre strutture sanitarie regionali, stremate da cinque settimane di lotta al Coronavirus. Presto diventerà il primo di tre centri su cui il governo intende incardinare il sistema di risposta nazionale a questa emergenza, e potenzialmente ad altre. «Dai colloqui che ho avuto con il ministro della Salute, Roberto Speranza, e con il premier Giuseppe Conte - ha rivelato il governatore, Attilio Fontana - ci può essere la possibilità di lasciare definitivamente questo hub della rianimazione per il Nord Italia, in previsione che eventi del genere si possano ripetere. Il governo ha detto di volerlo fare anche al Centro e al Sud e ha sottolineato questo punto di vista di voler proseguire».
Pochi giorni, qui, sono bastati a fare ciò che in tempi normali richiede anni, eppure non ci sono sorrisi nel giorno dell'apertura. «Prendiamo atto di questo risultato senza gioirne» confessa il presidente di Fondazione Fiera Enrico Pazzali». Non è una festa», ripete, mentre lui e gli altri principali artefici - presentando alla stampa l'impresa- si salutano avvicinando i gomiti, come ormai è diventato uso comune in tempi di quarantena. Non è una festa, però si carica di significati simbolici l'apertura del «Padiglione Policlinico in Fiera» - questo il nome ufficiale. «Sarà il simbolo di una battaglia vinta contro il Coronavirus e della ripresa della Regione» dice convinto il governatore, che con la sua squadra l'ha immaginato il 10 marzo, quando ha cominciato a infuriare la battaglia. «Una promessa mantenuta», la definisce Guido Bertolaso, il principale protagonista dell'impresa, che quattro giorni dopo è stato chiamato a realizzarlo, come consulente speciale del governatore, pagato simbolicamente un euro. E se i 400 posti inizialmente previsti sono scesi a 200, è solo perché l'allestimento corrisponde perfettamente agli standard di una struttura sanitaria «normale». «Non abbiamo realizzato un ospedale da campo - ha spiegato l'ex capo della Protezione civile, scrivendo dal San Raffaele in cui lui stesso ora si trova ricoverato - Non abbiamo realizzato un lazzaretto, abbiamo creato un vero e proprio ospedale specialistico».
Tempi cinesi, quindi, con tecnologia di alto livello e attenzione, oltre che per i pazienti ovviamente, anche per i lavoratori, e per i sanitari che saranno «arruolati» con bandi regionali: 200 medici, 500 infermieri e 200 altre figure professionali.
Efficienza, qualità, pragmatismo. Nel momento forse più difficile della sua storia moderna, la Lombardia ritrova se stessa in quest'opera.
E fra le stimmate dell'operosità lombarda, elencate una ad una da Fontana, non può mancare la generosità: per l'ospedale sono stati raccolti 21 milioni da 1.200 donatori. «Questa è la storia di Milano e della Lombardia - dice - È il primo segnale di una ripresa cui dobbiamo guardare con speranza. Non abbiamo vinto niente».
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