Airbnb compie dieci anni. La piattaforma che ha cambiato per sempre le nostre vacanze, allargando l'orizzonte delle possibili prenotazione alle stanze dei privati (ma anche a ville con piscina e castelli) pensa già alle nuove sfide che, ironia della sorte, passano proprio dagli storici antagonisti, gli alberghi. Le prenotazioni di hotel, pensioni e B&B, così come tour, attrazioni ed esperienze nelle città di soggiorno, sono tra le direttrici di marcia della crescita futura della società che, nell'arco di un decennio, ha persino introdotto neologismi nel linguaggio comune (fino all'agosto 2008 il termine «host», il proprietario di casa che affitta stanze o letti, non aveva alcun senso in italiano). Senza dimenticare i mutui: Airbnb sta già testando negli Usa possibilità di lavorare sui rifinanziamenti per la casa insieme a Fannie Mae.
La nascita del business è ormai avvolta dalla leggenda e glorifica l'idea di condivisione e di fiducia negli estranei a cui si aprono le porte di casa dei compagni di tre compagni di studi i tre compagni di studi Joe Gebbia (a capo dell'innovazione dei prodotti), Brian Chesky (attuale somministratore delegato) e Nate Blecharczyn (che sovraintende l'area tecnologica del gruppo). In realtà, visto che come cantavano in «Cabaret» sono i soldi a far girare il mondo, i tre scoprono che il turismo a San Francisco ha talmente fame di letti che ci sono persone disposte a pagare per dormire su un materassino gonfiabile a casa di sconosciuti. Il business, a differenza dei portali che offrono divani gratuitamente (come couchsurfing), decolla, tanto che Airbnb è ormai tra gli unicorni (società valutate oltre un miliardo di dollari) più attesi a Wall Street. La piattaforma oggi conta su un giro d'affari di 2,6 miliardi e un utile operativo di 450 milioni. genrato dalle commissioni raccolte dagli oltre cinque milioni di «host» in 200 Paesi e dai 300 milioni di «check in» stimati all'anno (per il 2028 il dato dovrebbe toccare il miliardo). Numeri che hanno fatto raggiungere a Airbnb una valutazione di 31 miliardi di dollari nell'ultimo round di finanziamenti di un anno fa.
Quanto al futuro la società prosegue nel processo di «normalizzazione» che la accomuna con altre star della «sharing economy» ovvero piattaforme che mettono in contatto chi offre e chi cerca servizi. I tempi potrebbero essere lunghi e gli ostacoli numerosi, ma la direzione è questa. Indietro non si torna anche se non mancano le sfide legali.
Solo pochi giorni New York ha varato una stretta chiedendo i dati di ciascuno degli oltre 40mila «host» della città che non dorme mai e minaccia multe salate. Altre città hanno termini rigidi sulle permanenze. In Italia, infine, un anno fa aveva fatto scalpore la cosiddetta tassa Airbnb che imponeva agli intermediari di agire come sostituti d'imposta dell'«host».
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