L' invecchiamento inesorabile. L'equipaggiamento scassato. La forma fisica da divano più che da «atleta» della sicurezza. La formazione approssimativa. La delegittimazione, a volte strisciante, talvolta clamorosa. Cinque buone ragioni per dire che la polizia è inadeguata, impreparata ad affrontare i nemici sempre più minacciosi, a cominciare dal terrorismo islamista. Cinque buone ragioni per riflettere, senza slogan facili o tirate ideologiche, dopo la tragedia di Ventimiglia. Una disgrazia, certo, ma forse anche la spia delle enormi difficoltà che gli agenti,e i loro colleghi delle altre forze di polizia, devono superare tutti i giorni.
1. L'INVECCHIAMENTO. L'età media sale e oggi ha raggiunto i 47 anni. «Dieci anni fa - calcola Gianni Tonelli, battagliero sindacalista del Sap - eravamo a cavallo dei 40 anni». Il motivo? Il turn-over che funziona a intermittenza. Prima era addirittura a zero, poi lo si è portato al 30 per cento e ora al 55 per cento. Meglio di niente, ma troppo poco per fermare il processo di innalzamento dell'età. «Siamo come i preti - ironizza Tonelli - ormai abbiamo i colleghi sessantenni che vanno in pensione facendo i turni sulle volanti». Un quadro preoccupante per chi svolge una professione in cui la rapidità dei riflessi e più in generale la velocità possono fare la differenza fra la vita e la morte. Così diventa difficile dare la caccia ai malviventi in fuga, inseguire ladri e scippatori su un marciapiede, organizzare un appostamento notturno.
2. LA PANCETTA. La forma fisica è fondamentale per un poliziotto che spesso vive sulla strada e deve fronteggiare mille insidie, con giornate che si allungano come elastici, dall'alba a notte fonda. Monitorare una manifestazione, come a Ventimiglia, non è come entrare in ufficio. Per questo la cura del corpo dovrebbe essere continua e meticolosa, ma a quanto dicono i sindacati il tutto è affidato all'iniziativa personale, senza criteri, senza programmazione, senza il minimo aiuto economico. Certo, la Polizia ha i suoi impianti ma sono assolutamente insufficienti.
3. SI SPARA POCO. Altro elemento inquietante: la formazione, quella che si fa in poligono, è ridotta al lumicino. «Le cartucce costano - conferma Tonelli - e allora si risparmia li, invece di aggredire gli sprechi che pure ci sono. Una volta ci si esercitava molto di più, oggi al massimo tre giorni l'anno, se si riesce a farli, e l'agente spara trenta colpi, due caricatori. Insomma, novanta colpi l'anno, anzi spesso molti meno». Non basta: si mira solo al bersaglio fisso, perché la formazione con il bersaglio mobile non è prevista. Una carenza sconcertante se la si incrocia con l'aggressività del nuovo terrorismo di matrice islamista. Oggi il nemico numero uno va dritto al martirio, ma le tecniche di aggiornamento professionale sono ferme a un'altra era geologica, al tempo in cui la jihad era una parola lontana che rimandava al Medio Oriente.
4. L'EQUIPAGGIAMENTO. Anche il materiale in dotazione non è all'altezza delle aspettative. I caschi, denunciano molti agenti, sono marci e sui giubbotti antiproiettile è in corso una furiosa querelle. Ce n'erano 19mila, 6mila sono stati ritirati perché scaduti, quelli nuovi vanno bene per fermare i colpi di una pistola ma non possono fare nulla quando il criminale di turno imbraccia un kalashnikov, oggi purtroppo assai diffuso fra le bande più agguerrite. «Questi giubbotti vengono bucati come il burro - insiste Tonelli - anche se il ministro dell'Interno Angelino Alfano si riempie la bocca parlando di aggiornamento e di ammodernamento del materiale che in realtà è scadente. Del resto Alfano sostiene che 65 mila poliziotti hanno sostenuto un corso per fronteggiare il nuovo pericolo jihadista quando il tutto si riduce alla visione di qualche cassetta e alla proiezione di quatto slide».
5. DELEGITTIMAZIONE. I vecchi pregiudizi, specie a sinistra, sono duri a morire. Per questo si reclama l'introduzione di un codice alfanumerico per identificare il poliziotto in servizio.
La replica scavalca le critiche, andando più in là: molti poliziotti chiedono di essere ripresi da una telecamera mentre fanno il loro dovere, allo stadio o in piazza. Una proposta che stranamente non piace. Forse perché farebbe crollare tanti teoremi sula brutalità degli agenti. E svelerebbe i comportamenti non sempre irreprensibili di chi manifesta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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