I censimenti dei nomadi? Ce li chiedeva l'Europa

Ue e Onu ci hanno bacchettato. Motivo: "Diteci chi sono i gruppi etnici che vivono in Italia"

I censimenti dei nomadi? Ce li chiedeva l'Europa

Roma - No, il censimento no! Di censimenti, ricognizioni, indagini sui campi nomadi (rom, sinti e camminanti) si sono occupati negli ultimi vent'anni ministeri, regioni, comuni, prefetture e associazioni. Gli obiettivi vanno dal semplice monitoraggio dei flussi all'ordine pubblico, dall'istruzione alla verifica dei protocolli sanitari. É logico e necessario per ragioni facilmente intuibili capire quanti sono i nomadi, dove si trovano, come si spostano, quali mezzi di sostentamento hanno, come avviene per tutti i cittadini. E questa esigenza è stata sentita anche dalle Nazioni Unite e dall'Unione Europea che negli scorsi anni hanno bacchettato l'Italia a questo proposito.

L'assenza di dati certi sulla «composizione etnica e razziale» della popolazione rom in Italia è stata segnalata dal Comitato per l'eliminazione della discriminazione razziale - organismo dell'Onu - nelle sue «osservazioni conclusive» del diciannovesimo e ventesimo rapporto periodico sulla situazione italiana, datate 9 dicembre 2016, riporta l'agenzia Agi. Questo documento è stato trasmesso dal Comitato all'Ue, che lo ha a sua volta consegnato all'Italia in forma di «raccomandazione». «Mentre vanno notati i recenti sforzi da parte dello Stato per migliorare la raccolta di dati sui reati commessi con movente razziale - si legge - il Comitato ribadisce le sue preoccupazioni riguardo alla mancanza di dati particolareggiati sulla composizione razziale e etnica della nazione. Tali dati sono un punto di partenza essenziale per una successiva disaggregazione di più dettagliati indicatori socio-economici per singolo gruppo sociale, che può rivelare fino a che punto sia differenziato il godimento dei diritti previsti dalla Convenzione per quegli individui protetti ai sensi dell'articolo 1 della stessa Convenzione».

Il Comitato Onu sottolinea poi che «tale disaggregazione dei dati statistici è indispensabile per definire una base empirica su cui individuare particolari gruppi soggetti a discriminazione per razza, colore, provenienza o origine etnica o nazionale, per adottare le opportune misure - anche speciali - per correggere situazioni diseguaglianza, e per valutare l'impatto delle misure adottate». L'Associazione 21 Luglio, che tutela i nomadi, nel suo rapporto ha richiamato espressamente le conclusioni del Comitato Onu. «Già nel dicembre 2016 - si legge - il Comitato sull'Eliminazione della Discriminazione Razziale dell'Onu aveva espresso la sua preoccupazione riguardo all'assenza di un sistema per la raccolta di questa tipologia di informazioni» sulla popolazione rom in Italia. «Nell'agosto 2017 la Commissione Ue ha sottolineato la persistente mancanza di dati, indicatori e meccanismi di monitoraggio efficaci nell'indagare l'impatto sulle azioni a contrasto della discriminazione». Insomma, al netto delle tempeste mediatiche, il concetto è chiaro: il censimento e la conoscenza delle condizioni di vita dei nomadi sono fondamentali per aiutarne l'integrazione.

I rom e i sinti che vivono nel nostro Paese sono circa 180mila. Peraltro soltanto il 3% è effettivamente nomade.

Circa 26mila vivono in emergenza abitativa in baraccopoli formali (insediamenti gestiti dalle amministrazioni locali) e informali (campi abusivi). Circa il 43% ha la cittadinanza italiana. Nelle baraccopoli informali e nei micro insediamenti vivono nell'86% dei casi cittadini di origine romena.

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