Si potrebbero definire «centristi a vario titolo». E sono sparsi tra Ncd, Gal, Scelta civica e Ala, con presenze importanti nei gruppi misti di Camera e Senato e con un buon numero di «dormienti» in Forza Italia e, forse, perfino nel Pd. Sono loro soprattutto a Palazzo Madama dove gli effetti della riforma Boschi si faranno sentire di più che hanno approfittato delle difficoltà di Angelino Alfano per cercare di mettere all'angolo Matteo Renzi e provare a creare le condizioni per garantirsi una sopravvivenza politica.
Banalizzando, ma non troppo, il punto di caduta dell'inutile manfrina messa in scena soprattutto da alcuni senatori di Ncd sta tutto nel fatto che non solo un «Sì» al referendum declasserebbe il Senato ad una sorta di camera dei paria, ma pure che con l'Italicum come lo conosciamo adesso proprio loro avrebbero zero speranze di essere rieletti. Di qui l'esigenza costi quel che costi di riaprire un confronto su una legge elettorale approvata poco più di un anno fa (maggio 2015) e votata pure da coloro che oggi la rimettono in discussione. Insomma, un regalo grosso come una casa ai Cinque stelle che avranno gioco facile nel puntare il dito contro quella che dal punto di vista non solo fattuale ma anche cronologico appare una sorta di delirio riformatore. E a poco vale l'argomento abusato da alcuni in questi giorni che l'Italicum fu approvato immaginando uno scenario in cui un partito poteva puntare al 40%, perché che si pensino sistemi di voto per favorire questo o quel partito è nelle cose ma certo non può essere argomento dialettico.
E invece, incredibilmente, lo è diventato. Con uno sparuto gruppo di senatori di Ncd che ha minacciato fuoco e fiamme se Renzi non avesse messo in agenda una modifica dell'Italicum prima del referendum di ottobre (o inizio novembre). I tempi, insomma, non possono esserci, anche perché aprire oggi un confronto pubblico sulla legge elettorale equivarrebbe a suicidare il referendum. Che poi, in cuor loro, forse è quello che vorrebbero molti dei senatori «centristi a vario titolo», preoccupati dal non avere più in caso di vittoria del «Sì» uno scranno su cui sedere.
E forse è anche per questo che tre giorni fa i senatori Ncd Antonio Azzollini e Giuseppe Esposito quest'ultimo vicinissimo al capogruppo Renato Schifani si sono presentato alla riunione della campagna per il «No» che si è tenuta nella sala della commissione Difesa del Senato. Una scelta, ci ha però tenuto a precisare l'ex presidente di Palazzo Madama, «autonoma».
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