I Cinque stelle certificano: siamo in campagna elettorale

Emendamenti sul «Sicurezza Bis» riammessi, ma tra minacce e polemiche. E i 5S: faremo slittare il decreto

Nei continui battibecchi che costituiscono la cifra corrente dell'attività di governo, c'è un'espressione accreditata «fonti del M5s» che più di tutte rivela qual è il mood tra i gialloverdi: «Le forze di polizia oggi sono state usate per pura campagna elettorale e a pretesto per minacciare la caduta dell'esecutivo». Il riferimento è all'ultima lite nella maggioranza: lo stop a otto emendamenti al decreto Sicurezza bis imposto dai 5 Stelle e praticamente risolto ieri dopo 24 ore di accuse e veleni. Ma a colpire è l'uso dell'espressione «campagna elettorale». Il riferimento non è certo alle prossime regionali. E allora quale campagna elettorale? Il senso è chiaro: nessuno vuole rompere a breve, il countdown per la chiusura della finestra elettorale di settembre ormai è agli sgoccioli. Ma entrambi i partiti si stanno già posizionando in vista di un possibile scontro elettorale che potrebbe vederli su fronti opposti.

Le tracce sono chiare. Ogni dossier sul tavolo diventa pretesto per colpire «l'alleato» e scendere nell'arena per provare chi dei due detta la linea. Il caso di giornata, quello del decreto Sicurezza bis è esemplare. Il problema è stato risolto in poche ore, ma a giudicare dall'escalation delle dichiarazioni pareva insormontabile. Si è partiti ieri con il sottosegretario leghista all'Interno Nicola Molteni: «Chi si oppone agli emendamenti sulle forze dell'ordine è iscritto al partito anti polizia», mentre per i 5S il presidente della Camera Roberto Fico parlava di «confusione di Salvini sulle procedure parlamentari». Oggi sette suo otto emendamenti sono stati riammessi per intervento di Fico, che ha rimarcato: «La Camera è infatti intervenuta per ovviare alle amnesie del ministro dell'Interno che si era dimenticato di prefetti, polizia e vigili del fuoco quando ha scritto il decreto Sicurezza». Salvini, che era arrivato a minacciare la crisi di governo, incassa ma non dimentica di segnare il punto: «Qualcuno degli amici dei 5 Stelle si è innervosito, basta falsità, la realtà è che alcuni emendamenti erano stati dichiarati inammissibili e quindi tagliati dai presidenti di commissione dei 5 Stelle e sono stati riammessi dal Presidente della Camera del Movimento 5 Stelle...si parlassero, quantomeno telefonatevi tra presidenti». Il caso non è ancora del tutto chiuso. Perché i Cinque stelle, per bocca del presidente della Commissione Giuseppe Brescia, preannunciano che useranno l'incidente per allungare i tempi di approvazione della norma tanto cara a Salvini: «Invierò una lettera al presidente Fico per chiedere il rinvio dell'approdo in Aula del decreto Sicurezza bis a lunedì 22 luglio».

Tutto tace invece sul fronte dell'autonomia differenziata, sempre più popolare tra le Regioni (ha presentato una proposta anche la Campania) sempre più congelata sul tavolo di trattativa governativo. Dopo il vertice di giovedì finito a male parole non è stata nemmeno fissata la data di un nuovo incontro in sede politica.

Ce n'è abbastanza per tenere allerta il mediatore Giuseppe Conte che anche ieri ha tentato di sedare gli animi e minimizzare gli scontri: «Non si sta rompendo nulla nel governo, non è che a giorni alterni possiamo ragionare se si

sta rompendo qualcosa», ha detto il premier al termine dell'assemblea di Abi. «Non c'è nessuna tensione di questo tipo, -ha tentato di smussare- ma una normale dialettica parlamentare». Normale, ma da campagna elettorale.

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