Andare in un ufficio comunale e non trovare nessuno. Capita un giorno, quello successivo e così ancora e ancora fino a convincersi che no, non può essere solo un caso o una sfortunata coincidenza. Succede ad Acireale, in provincia di Catania. Ma qui i cittadini non si sono limitati alla lamentela fine a se stessa, a sbuffare e a perdere ore su ore senza far nulla. Un gruppo di loro si è rivolto al locale commissariato facendo saltare il coperchio sull'ennesimo scandalo di casa nostra. Su 240 dipendenti del Comune siciliano ben 62 sono stati beccati con le mani nella marmellata. Anzi, con le mani in mano. Tre di loro sono finiti ai domiciliari, per 12 è stato disposto l'obbligo di firma mentre in 47 sono stati indagati a piede libero. Più che furbetti del cartellino, secondo il gip di Catania, si tratta di «parassiti che venivano pagati senza lavorare» e avevano organizzato un vero e proprio metodo collaudato per timbrare senza poi essere effettivamente sul posto di lavoro. Oltre ai classici «timbro e me ne vado» e ai ben noti «timbro quando voglio» sia in entrata che in uscita, ci sarebbe stata secondo gli inquirenti una sorta di turnazione tra i dipendenti comunali: chi strisciava il badge lo faceva anche per altri due, tre, pure 5 colleghi, a rotazione. Oggi me ne occupo io, domani tu e via così per non destare sospetti. O chissà, per non stancarsi troppo. Fatto sta che delle ore teoricamente lavorate, ne siano state effettivamente svolte anche meno della metà. Ed emerge il solito caso limite di chi nel periodo oggetto dell'inchiesta in ufficio non si è mai visto. Dopo i sospetti e le segnalazioni, l'indagine è entrata nel vivo quando dalla Procura hanno piazzato alcune telecamere in Comune, smascherando i dipendenti assenteisti, alla fine, conti alla mano, ben uno su quattro del totale. Fino a quando uno dei «furbetti» non ha notato l'occhio elettronico che poteva fregarlo e ha pensato bene di danneggiare la telecamera facendo così scattare il blitz.I fannulloni sono trasversali: gli uffici interessati sono l'area tecnica, lavori pubblici, pubblica istruzione, urbanistica e ambiente, servizi sociali e sport, affari istituzionali e servizio contratti. Per tutti l'accusa è di truffa ai danni di un pubblico impiego e falsa attestazione di presenza in servizio sul luogo di lavoro. Rischiano fino a 5 anni di reclusione oltre, ovviamente, l'addio al comodo posto di lavoro. I tre agli arresti domiciliari sono quelli la cui posizione è ritenuta più grave: Mario Primavera, 59 anni, Venera Lizio, di 71, e Orazio Mammino, di 39, funzionario dell'ufficio tributi. Mentre il sindaco ha annunciato che il Comune si costituirà parte civile, l'indagine non è ancora finita. Gli inquirenti infatti stanno valutando se perseguire anche dirigenti e funzionari per possibili connivenze. Difficile pensare che nessuno si sia accorto di nulla, quando le assenze sono state notate e segnalate dai cittadini.
E proprio su questo punto pone l'attenzione il procuratore di Catania Michelangelo Patanè sottolineando come in «tempi di crisi economica è intollerabile per il cittadino constatare che vi sono dipendenti pubblici che, forti del loro stipendio, del loro posto fisso, hanno questi comportamenti», aggiungendo che l'obbligo di firma per 12 è stato disposto prima e dopo l'orario di lavoro «per una sorta di contrappasso dantesco». Eppure non è il primo caso, anzi, da Sanremo a Roma, passando per la Sicilia, il fenomeno dei «furbetti del cartellino» non sembra conoscere crisi. Un po' come il mito del posto fisso. Già, proprio quello in Comune.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.