I dubbi degli avvocati: "La pistola di Varriale, le telefonate ai ragazzi"

Capra, il legale di Finnegan Lee: «Il processo sarà lungo. Pure la Procura non ha certezze»

I dubbi degli avvocati: "La pistola di Varriale, le telefonate ai ragazzi"

Roma Lo scippo a Trastevere, lo scambio di telefonate fra Brugiatelli e gli americani. L'appuntamento per la restituzione della borsa. Eppoi quell'arma, la calibro 9 di ordinanza tolta al carabiniere Andrea Varriale subito dopo i fatti e messa in sicurezza. Perché se non ha sparato un solo colpo? A quali accertamenti sarà sottoposta? «Il processo ci sarà e in quella sede cercheremo di chiarire ogni cosa. La condanna? Tutto da vedere». L'avvocato Roberto Capra, difensore di Finnegan Lee Elder, dice a il Giornale di non essere affatto convinto di ciò che è accaduto tra piazza Gioacchino Belli, via Cardinale Merry Del Val (il luogo della vendita di aspirina al posto della droga), piazza Mastai e l'incrocio maledetto. Quello tra via Federico Cesi e via Pietro Cossa, dove il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega ha perso la vita, trafitto ai fianchi e al cuore da un lungo coltello militare. «Non è ancora chiaro alla stessa Procura - continua l'avvocato Capra - cos'è accaduto esattamente a Trastevere, quante persone sono state coinvolte nella storia, e quello che è effettivamente successo all'incontro per lo scambio soldi-borsello. La Procura sta ancora acquisendo dati. Da parte nostra stiamo valutando come gestire questo processo che si preannuncia molto lungo. Per il momento aspettiamo di chiarire vari aspetti. Un punto chiave della storia? La pistola di Varriale. Ma non è il solo. Quante telefonate sono state fatte tra le parti? Chi c'era, effettivamente, a Trastevere?».

Sergio Brugiatelli, l'uomo che non vende droga ma fa da broker per gli spacciatori, a chi ha fatto la prima telefonata dopo il furto dello zaino? Qual è il traffico del suo cellulare, un vecchio Nokia in grado di inviare solo sms e memorizzare qualche centinaio di numeri telefonici, nella notte fra il 25 e il 26 luglio? Brugiatelli ha davvero chiamato i due americani (in possesso del suo telefono) come ha raccontato prima al 112, poi ai carabinieri? Decine gli interrogativi cui ancora non è stata data una risposta. «Crediamo sia giunto il momento di fare una pausa - prosegue il difensore del 19enne Elder - magari di un paio di giorni. La prossima settimana ci saranno vari accertamenti tecnici, per noi è importante capire tutte le fasi della drammatica vicenda».

Intanto ieri mattina il padre di Finnegan, Ethan Elder, ha avuto un colloquio per la seconda volta con il figlio in carcere. Nessun commento. Il ragazzo avrebbe spiegato ai compagni di Regina Coeli, quelli che conoscono l'inglese, che non è affatto un cattivo soggetto. Un violento sempre pronto ad attaccar briga. «Quella sera volevamo solo divertirci. Non credevamo finisse così» avrebbe detto Finnegan agli altri detenuti. Una storia cominciata con la voglia di qualche tiro di coca e finita in un lago di sangue. A terra un giovane carabiniere intervenuto per sventare un'estorsione. Cosa conteneva effettivamente il borsello di Brugiatelli? Un vecchio cellulare dal contenuto prezioso, secondo una pista che porta al mondo dei pusher trasteverini. Una «saponetta» senza valore apparente, ma ricca di numeri di telefono.

Tanto da non temere l'arrivo dei carabinieri nonostante poco prima Brugiatelli avesse fatto incontrare lo studente in cerca di sballo con lo spacciatore Italo Pompei.

Varriale, il compagno di Cerciello, è stato ascoltato di nuovo in Procura assieme ad altri carabinieri. I quattro fuori servizio che hanno assistito alla vendita di droga?

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