I due volti di Marattin: vuole ripulire il web ma è odiatore omofobo

Il promotore della schedatura sui social è un hater: insulti alla Lega e allusioni su Vendola

I due volti di Marattin: vuole ripulire il web ma è odiatore omofobo

Se esistesse una patente per potersi iscrivere ai social network probabilmente gliel'avrebbero già ritirata. O quantomeno gli avrebbero tolto un sacco di punti. Per fortuna la patente non c'è ancora, ma la proposta del deputato di Italia viva Luigi Marattin ha un che di simile. E ha già fatto discutere: introdurre la richiesta di un documento di identità prima di registrarsi alle piattaforme di social networking come Facebook e Twitter. La ratio dell'idea, secondo il promotore, è volta ad evitare il proliferare di account fake, in molti casi tra i principali diffusori di bufale montate ad arte e notizie false per manipolare l'opinione pubblica sul web. Ma anche troll e odiatori, detti haters, pronti ad offendere e insultare chi la pensa diversamente da loro.

Di quest'ultima categoria, si è scoperto, avrebbe potuto far parte Marattin. L'attuale guru economico di Renzi, infatti, qualche anno fa era solito utilizzare al massimo il potenziale violento dell'interazione sui social. I vecchi post sono cominciati a circolare nella serata di mercoledì, dopo una giornata caratterizzata dalle polemiche e dalle denunce sulla possibilità di firmare la petizione sul sito di Italia viva senza alcun controllo di identità, quindi con nominativi rigorosamente fake. In uno screenshot pubblicato da un utente su Twitter si possono leggere gli insulti che Marattin lanciava all'indirizzo di Nichi Vendola nel 2012. L'allora assessore del Pd a Ferrara si esprimeva così: «Nichi, per usare il tuo linguaggio, ma va' a elargire prosaicamente il tuo orifizio anale in maniera totale e indiscriminata». Sembrerebbe un riferimento, abbastanza esplicito e di certo volgare, all'omosessualità dell'ex leader di Sel, già governatore della Puglia. Veramente troppo per chi propone di depurare il web da bufalari e leoni da tastiera.

L'ineffabile Marattin, però, ha una giustificazione per questo episodio spiacevole del suo passato digitale: «Si è trattato di un equivoco molto sfortunato ha spiegato all'AdnKronos volevo mandare Vendola a quel paese e invece di mandarlo semplicemente a quel Paese, cosa che avrei voluto fare, ho voluto imitare una delle sue perifrasi». Niente allusioni, dunque: «Ma il mio non voleva essere un riferimento alla sua sessualità. Sono passati sette anni da quel giorno. Oggi sarei meno ingenuo», ha concluso il parlamentare renziano.

Nessun dietrofront, invece, per gli insulti ai leghisti, definiti da Marattin «miserabili teste di c...». Era il 2018, l'economista era già deputato e importante esponente del Pd, e sui social non usava un linguaggio felpato, per usare un eufemismo: «Gli italiani con il proprio voto rimandino nella fogna quelle miserabili teste di c... che hanno il coraggio di sparare fesserie su spread e austerità», andava così all'assalto del senatore del Carroccio Alberto Bagnai e di altri suoi colleghi per via di alcune loro considerazioni espresse dopo il crollo del Ponte Morandi di Genova. Niente scuse, nemmeno per la forma del tweet: «Avevano attribuito le ragioni del crollo alla politica di austerità dell'Ue.

Replicando a quelle affermazioni commisi l'errore di non citarle, ma mi riferivo al fatto che speculare con i morti sotto le macerie per accampare le loro teorie economiche strampalate era una cosa miserabile». E quindi, come chiude il discorso il paladino della correctness sul web? «Oggi riconfermerei in pieno quel tweet». Parola di Marattin.

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