I fan della dittatura Ue che demonizzano il voto

Sono il simbolo del fallimento europeo, ma se la prendono con Cameron: errore la consultazione

I fan della dittatura Ue che demonizzano il voto

«Democracy is so overrated», direbbe Frank Underwood, protagonista della serie tv House of Cards. Ma per scovare lo stesso retropensiero - che il «sistema democratico sia decisamente sopravvalutato» oppure per dirla con Brecht «se il popolo non è d'accordo, bisogna nominare un nuovo popolo» - non c'è bisogno di ricorrere ai personaggi della letteratura o della fiction. Basta andarsi a vedere le posizioni assunte in queste ore da alcuni illustri ultrà dell'Unione Europea.

Una sintesi estremamente esplicita di queste convinzioni si ritrova nel pensiero del sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, per il quale «elettori disinformati producono disastri epocali. Per votare servirebbe l'esame di cittadinanza». Senza contare editoriali e commenti dei grandi quotidiani che realizzano l'impresa di trasformare gli anziani votanti in rintronati livorosi e i giovani in lungimiranti pensatori. Ma sulle barricate della rabbia pro Ue salgono anche alcuni personaggi-simbolo della costruzione europea, alcuni architetti del fallimento comunitario che rifuggono da una qualsiasi autocritica e dettano le loro lezioni, bacchettando David Cameron per l'improvvida apertura alla consultazione popolare o liquidando la democrazia diretta usata in questo modo come il contrario della democrazia.

A prendere la parola c'è ad esempio Giorgio Napolitano (fiero europeista e a lungo europarlamentare) che bolla come un «azzardo sciagurato» il referendum indetto dal premier britannico. «La democrazia, e la Gran Bretagna ce lo ha insegnato già secoli, è il popolo che si esprime anche affidando ai rappresentanti le scelte e le decisioni. I referendum sono strumenti e nella nostra Costituzione non possono essere convocati sui trattati internazionali, perché temi così complessi non possono essere affidati ad un voto superficiale e impulsivo». Parole che scatenato la reazione del leader della Lega Nord, Matteo Salvini. «L'anziano comunista è sempre allergico alla Democrazia», scrive su Twitter.

Nella scia di Napolitano si inserisce Mario Monti, ovvero il grande beneficiario della scelta dell'allora Capo dello Stato di non restituire la parola al popolo durante la crisi del 2011, ma di affidarsi a un premier non eletto. «Ho paura che la democrazia si possa perdere se usata male, i cittadini già ce lo stanno dicendo» spiega l'accademico che fu due volte due volte commissario europeo. «Cameron ha fatto abuso di democrazia, gli è venuta l'idea di questo referendum non per interesse generale, ma per interesse proprio all'interno del partito conservatore». Posizioni che fanno scattare il tweet del senatore azzurro, Lucio Malan: «Monti e Napolitano accusano Cameron di un grave reato: aver fatto decidere il popolo!».

A chiudere il cerchio è Romano Prodi che della Commissione Europea fu presidente, ma che fu anche premier dal '96 in poi guidando così il processo finale che portò l'Italia nell'euro (con una famosa frase boomerang rimastagli appiccicata addosso: «Per noi italiani sarà come lavorare un giorno in meno al mese e guadagnare per un giorno in più»). Oggi anche Prodi ha di che dire a Cameron.

«Alla base di tutto c'è stata una scelta sbagliata. Indire un referendum ha indebolito la posizione della Gran Bretagna a Bruxelles, ha confuso gli elettori, è stato impostato da Cameron solo per interessi personali. E in questo senso si potrebbe dire: ben gli sta».

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