Coronavirus

Con i feretri sotto le finestre

La trovata di un impresario dopo la morte della madre

Con i feretri sotto le finestre

«Mamma avrebbe compiuto 80 anni due giorni fa». «Mamma» si chiamava Giuseppina. Il figlio, Vittorio Galvani, la racconta da Vallefoglia, Pesaro-Urbino, una provincia decimata dal Covid-19. Vittorio con la sua famiglia ha un'impresa funebre, e per questo il dolore è più grande nel non averle potuto fare il funerale, darle quell'ultimo saluto che «lei stessa aveva sempre organizzato per gli altri».

È anche questa la violenza del virus. «La cosa che mi rammarica di più è che la mamma ha passato una vita a lavorare, in cinquant'anni di lavoro non so quanti interventi ha fatto, quante persone ha vestito. Tutta la vita si è presa cura dei defunti per gli altri ed è morta senza un funerale, senza nemmeno essere vestita. Forse è la legge del contrappasso». È la legge della morte di questa pandemia. Nessun saluto. Nessuna vestizione. Nessuna celebrazione. «Alla tumulazione c'eravamo io e i miei dipendenti. Adesso che i cimiteri sono chiusi, dopo che si è salutato il feretro con la preghiera del parroco, non si assiste alla sepoltura, non si riesce nemmeno a vedere dove la persona verrà sepolta. È un procedimento a porte chiuse». E ci sono molte persone che non possono neanche andarci, «perché magari sono malati o sono in quarantena». Vittorio ha trovato un modo per non spezzare il rito del lutto. Con i carri funebri passa sotto le abitazioni delle famiglie: dalle finestre si affacciano volti e si protendono le mani dei parenti, dei figli, dei fratelli, dei nipoti. Lunghi applausi di dolore. «Sono una piccola azienda, i clienti li conosco quasi tutti. Per dargli la possibilità di salutare i propri cari passiamo sotto le case o davanti alle imprese di cui il defunto era o un operaio, un titolare, un dirigente».

Giuseppina l'ha salutata invece solo lui. Quando la Croce Rossa l'ha fatta salire sull'ambulanza per portarla all'ospedale di Pesaro, «mi ha guardato, mi ha detto ci vediamo presto.

Non pensava che non ci avrebbe più visto». LoBu

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