È vero: le elezioni amministrative non sono le Politiche. Differiscono per il sistema elettorale, in parte per le motivazioni di voto, per la diversa logica delle coalizioni che si formano e per il livello di partecipazione alle urne (domenica ha votato il 45%, alle ultime Politiche era il 70%). Anche a causa di queste differenze, il risultato di queste consultazioni non può essere interpretato come una previsione delle elezioni dell'anno prossimo, con tutta una campagna elettorale di mezzo. Come sottolinea Ceccanti, è spesso capitato che i risultati delle Politiche capovolgessero quello delle Amministrative dell'anno precedente: tutti ricordano il 1993, vinto dalle sinistre, cui seguì il 1994, con il grande successo di Berlusconi.
Ciò nonostante il segnale politico della votazione di domenica è molto chiaro: la vittoria del centrodestra rappresenta un fenomeno che si è esteso a livello nazionale, al Sud come al Nord e anche nelle regioni tradizionalmente «rosse» (ma la cui identità politica si era già andata progressivamente affievolendo negli anni) e in città simbolo come Genova o Sesto San Giovanni (la ex «Stalingrado d'Italia»). È vero che nella scelta degli elettori hanno certo contato anche motivazioni locali, relative ai singoli contesti in cui si è votato, ma c'è stata una indubbia spinta collettiva, volta specialmente contro Renzi e il suo partito: non a caso, l'indice di popolarità del leader toscano si era ulteriormente contratto nelle scorse settimane (mentre quello relativo al Presidente del Consiglio, Gentiloni, ha fatto registrare una crescita).
Al di là di questo che rappresenta l'indicazione più rilevante emersa dal voto vi sono alcuni aspetti dello stesso cui è necessario prestare attenzione. In primo luogo, il dato dell'astensione. Come si sa, si è recata alle urne mediamente meno di metà degli aventi diritto (ma in certi casi, come a Como, grossomodo un terzo). In parte, il calo della partecipazione è fisiologico in tutti i ballottaggi e connaturato alla logica stessa del voto (è successo lo stesso di recente in Francia): non trovando più in lizza il proprio candidato, sconfitto al primo turno, prevale spesso la tentazione di astenersi. Ma, al tempo stesso, non si può non sottolineare come la diserzione dalle urne rappresenti anche in larga misura la ennesima conferma della nota e crescente disaffezione di una quota ampia di elettori nei confronti dei partiti tradizionali. Nelle ultime consultazioni politiche, molti di costoro si erano diretti verso il M5s, trovando in quest'ultimo l'emblema della protesta e dello scontento. Di qui il grande successo della formazione di Grillo in quel momento. In occasione di queste ultime amministrative (ma non in quelle dell'anno scorso) buona parte degli elettori grillini ha scelto invece di astenersi, come si era già visto nel primo turno due settimane fa. Un comportamento che si è manifestato anche nei ballottaggi, fatta eccezione per una porzione di elettori pentastellati che ha scelto in certi ambiti di sostenere il candidato di centrodestra.
Ma tutto ciò non significa che queste consultazioni rappresentino l'inizio della fine per i Cinque Stelle. Così come si sono diretti oggi verso l'astensione, i voti ex grillini possono tornare domani verso l'ex comico genovese. Il sentimento di protesta, talvolta irragionevole, presente in almeno un terzo degli elettori del nostro paese, non è per nulla sopito. Tutto dipenderà dalla campagna elettorale e, in particolare, dalle proposte che emergeranno dalle diverse forze politiche.
Consideriamo infine il voto ai partiti (e alle coalizioni) tradizionali. Il centrosinistra esce da queste elezioni in uno stato di obiettiva difficoltà. Non sono solo i risultati complessivi a darne prova: lo dimostra anche il comportamento dei singoli elettori di quest'area. I flussi elettorali calcolati da Rinaldo Vignati dell'Istituto Cattaneo indicano come un numero significativo di persone che hanno votato per il centrosinistra al primo turno, hanno poi scelto in diversi contesti (specie Genova e Parma) di non confermare la loro opzione al secondo turno, preferendo l'astensione o, addirittura, il voto all'altro candidato concorrente.
Anche per questi motivi, l'esito di queste amministrative può costituire un momento di svolta e di ripresa per il
centrodestra. A patto che sappia risolvere i problemi di coalizione (specialmente il dissidio sul ruolo dell'Europa e sulla stessa appartenenza alla Ue che divide alcune sue componenti) e di leadership che tuttora lo caratterizzano.
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