
Dice: sei proprio un morto di sonno. Una metafora popolaresca per indicare un tontolone, un tipo letargico, uno che dorme in piedi. Un incapace, insomma. Ecco, non usate questa espressione mai - e ripetiamo: mai - con Hayley e Lachlan Webb. Due fratelli australiani del Queensland che sanno che presto potrebbero morire, davvero, di sonno.
Finora va tutto bene. Finora. Sono due ragazzoni belli e biondi (oddio, lui è pelato), sani e ottimisti come solo due australiani possono essere. In rete si vede una foto di loro due bambini addormentati come angioletti (si dice così, no?). Oggi Hayley, ha 30 anni ed è una giornalista televisiva di Channel Nine. Lui ne ha 28 e cosa faccia non si sa. Ma non è importante. Importa l'età. Perché i due soffrono di una malattia che ha una sigla da canale radiofonico (FFI), un significato agghiacciante (Fatal Familial Insomnia) e un decorso che sembra inventato da uno sceneggiatore di B-movie sotto acido. In qualsiasi momento tra i 30 e i 60 anni i due fratelli smetteranno di dormire. E moriranno nel giro di qualche mese, all'inizio leggermente nervosetti, per finire i loro giorni smagriti e folli.
Immaginate con che spirito i due possano andare a letto ogni sera. Quante greggi vengano mentalmente convocate a piumino sguainato. Pensate a come una leggerissima ansia possa assalire Hayley e Lachlan a ogni difficoltà a cadere nelle braccia di Morfeo, magari per un banale a un litigio con il proprio boss («Ehi tu, stai forse dormendo?). Calcolate quanta valeriana preventiva possa esser consumata in quelle cucine. Hayley e Lachlan hanno la loro condanna scritta nel loro patrimonio genetico. Qualcosa nei loro codici non funziona. I testi scientifici spiegano che la loro è una malattia degenerativa del cervello appartenente al gruppo delle encefalopatie spongiformi. In pratica hanno «una mutazione autosomica dominante con degenerazione a carico dei nuclei del talamo e della corteccia cerebrale, dovuta a un gene PrPc mutato che ha facilità a ripiegarsi in modo errato nella forma prionica». Ok, viene voglia di addormentarsi alla terza parola, ma anche questa battuta non è il caso di farla davanti a Hayley e Lachlan.
La FFI colpisce una persona ogni dieci milioni. Ce ne dovrebbero essere sei o settecento in tutto il mondo. Ma la gran parte di loro non lo sa. I due fratelli invece sì: hanno già perso così la madre, una nonna, una zia e uno zio. E hanno presto capito che toccherà anche a loro questa insonne eredità. Ricordano le notti infinite, l'aggressività, le allucinazioni, il progressivo deperimento del corpo e delle facoltà mentali della mamma. Ricordano questa condanna infinita all'eterna veglia, questi occhi sempre aperti e sempre meno vigili. «Non voglio stare qui - dice Hayley - mentre la sabbia passa attraverso la clessidra finché non scatta il grilletto che mi ucciderà. Voglio informazioni, voglio cure».
Per questo, per ribellarsi al loro destino da insonni, stanno partecipando a degli studi pionieristici condotti da Erik Minikel e Sonia Vallabah dell'Università della California. Su certe malattie meglio non dormirci su.
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