Cronache

I freni e il giallo del cavo: tutti i segnali "ignorati" prima del disastro finale

Un mese fa l'impianto ha iniziato ad avere problemi. Gli stop continui erano l'allarme di un problema strutturale, ma i forchettoni lo hanno silenziato. Da chiarire se la rottura della fune traente sia collegata alla manomissione

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Quella funivia stava lanciando dei segnali anomali. I suoi «custodi», però, invece che ascoltarli li hanno volontariamente trascurati, mettendo comunque in servizio l'impianto, dove, poi, un mix assurdo fra la rottura del cavo traente e i freni manomessi, ha ucciso 14 persone. La macchina e l'uomo. La tecnologia può arrivare al punto di segnalare anomalie a chi se ne deve curare. Ma se, poi, l'uomo trascura i segnali, o peggio, li bypassa deliberatamente, allora non c'è nulla da fare. Se non attendersi una tragedia.

L'inferno di Mottarone deve essersi originato proprio così: gli inquirenti valuteranno ogni dettaglio, ma dalle prime ammissioni, quel che è già certo è che i freni di una delle cabine dell'impianto «vai e vieni» fossero stati «silenziati». Diciamo imbavagliati, con quei famigerati forchettoni, che sono stati ritrovati uno ancora agganciato al freno, l'altro su quel pendio di morte, fra scarpe, peluche e vite spezzate. Una procedura che oggi appare sciagurata, ma che gli impiantisti confermano essere una prassi nei periodi di lunghe chiusure, manutenzione ed anche spesso a fine servizio la sera, per evitare che, al mattino, la giornata parta in ritardo. Si, perché avere «più sicurezza» grazie a quei freni - che per esempio, in altri impianti europei di uguale qualità, nemmeno esistono - può trasformarsi da opportunità in problema. Se i freni «scattano» a sproposito, bloccano la funivia ogni tot e poi intervenire per riavviare l'impianto è procedura lunga. E allora? Via, si disinseriscono, salvo quando la funivia comincia a trasportare i passeggeri. «All'apertura vanno sempre tolti, permettendo ai freni di fare il loro corso», spiega Valeria Ghezzi, presidente di Anef Associazione nazionale esercenti funiviari, nel più sconcertante dei day after. «Quei blocchi ai freni non dovevano esserci ha ribadito scuotendo la testa : il nostro prodotto è la sicurezza e lavoreremo ancora più a fondo per creare dei sensori che impediscano all'impianto di partire se qualcosa non va». Già, ma se è l'uomo a «disattivare» i progressi di una tecnologia già sofistica, c'è poco da fare.

A Mottarone i tecnici che hanno confessato devono essersi fatti la solita inutile domanda: Tanto che cosa vuoi che accada? Che per esempio - anche se le probabilità sono di una su un miliardo per stare a cifre grossolane - a logorarsi sia il cavo traente e che quindi a quel punto, quei freni volontariamente bypassati, potessero essere l'unica ancora di salvezza per quelle 14 vite. Mentre si pensava a capire come curare quel «malessere» che l'impianto manifestava facendo spesso scattare i freni, i tecnici con una regia che dalle prime evidenze appare corale e condivisa hanno preferito aprire comunque al pubblico. Non dallo scorso fine settimana, ma fin da fine aprile, finito il lockdown. Guai a restare chiusi per risolvere il problema: meglio fare le due cose insieme. Lavorare sul guasto e intanto ripartire con l'attività. Peccato che quei freni, come una Cassandra di acciaio, stessero «gridando» il loro mayday: ora gli inquirenti dovranno cercare di capire se il problema segnalato ed ignorato sia collegato alla rottura del cavo o se vi sia anche dell'altro. Di sicuro ad oggi è la fune andata ko la ragione prima dello spaventoso incidente. Con i freni in azione, la storia avrebbe potuto essere diversa. A Mottarone l'improbabile (rottura del cavo) è accaduto e ciò che probabilmente poteva salvare tutti (grazie ai freni), è stato reso impossibile.

Intanto scattano misure di controllo ulteriori su tutti gli impianti del Paese: Cervinia (versante italiano), Courmayeur (Skyway), Madesimo che attende sabato il giro d'Italia proprio in arrivo da Verbania, riaprono in questi giorni. Bobbio e le funivie lecchesi hanno ripreso settimana scorsa. Lo Stelvio, invece, rimanda l'opening dello sci estivo al 12 giugno perché i tecnici che avrebbero dovuto finire i collaudi sono impegnati a Mottarone. Per tutti gli altri the show must go on con il grosso delle aperture in calendario da metà giugno.

Nella speranza che scienza e coscienza scorrano in accordo sulle funi del destino.

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