Roma - La guerra interna al Movimento 5 Stelle prosegue. E il premier Matteo Renzi può serenamente sperare di aggiungere nuove truppe alla sua maggioranza. Ieri alla Camera si è svolta un'altra assemblea dei deputati grillini dai toni accesissimi.
La causa scatenante del nuovo conflitto è stata la comunicazione dell'espulsione dei deputati Artini e Pinna inviata al presidente della Camera, Laura Boldrini. A firmarla, infatti, non è stato il capogruppo Alessio Villarosa, ma il suo vice Andrea Cecconi. In assemblea quest'ultimo ha motivato l'insolita procedura affermando che, diversamente, si sarebbe rischiata la «non ratifica» dell'espulsione. In realtà, sono stati proprio Casaleggio (in primis) e Grillo a imporre la manovra, scavalcando il dialogante Villarosa.
Quanto accaduto ieri è stato solo un antipasto di quanto si verificherà dopodomani nell'assemblea congiunta dei gruppi di Camera e Senato, convocati per decidere su un'altra ventina di espulsioni. Al di là del fatto che i «reietti» ingrosseranno le fila del Misto e probabilmente costituiranno un gruppo autonomo di fuoriusciti, destinato a incrociare la strada del Pd, resta la questione non meno spinosa di coloro che resteranno nel Movimento. I «duri e puri» della prima ora, giorno dopo giorno, rappresentano una maggioranza sempre meno forte. Tra deputati e senatori serpeggia un malcontento per il mancato rispetto delle regole interne che potrebbe sfociare in un appoggio sempre meno velato al sindaco dissidente di Parma, Federico Pizzarotti.
Non è escluso che dall'iniziale monolite si assista a una scissione che frammenterebbe in tre l'M5S in Parlamento: grillini, pizzarottiani ed espulsi. Queste ultime due frange sono aperte al dialogo con Renzi non solo in ottica quirinalizia. L'appoggio di Forza Italia al cammino delle riforme potrebbe, pertanto, non risultare più decisivo.
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