I furti in casa lasciano il segno (e il Dna dei ladri è in Banca)

Tra i reati più diffusi e impuniti: in un database tutte le tracce biologiche rinvenute sulle scene del crimine

I furti in casa lasciano il segno (e il Dna dei ladri è in Banca)

Un furto in appartamento: tra i reati più odiosi, diffusi e difficili da perseguire. Una violenza sessuale di strada: delitto in cui è alta la percentuale di recidiva. Sono due esempi, significativi, di casi in cui la Banca dati nazionale del Dna è l'arma vincente contro la criminalità. Una miniera d'oro per gli investigatori che, piuttosto in sordina, è stata istituita e si sta popolando a pieno ritmo di profili genetici.

Del suo sviluppo si è parlato a Milano nel seminario «Banca dati del Dna e utilizzabilità nel corso di indagini per reati sessuali» organizzato dall'International Information Systems Forensics Association (Iisfa) nella sede di Eurofins Genoma Group (uno dei sei laboratori universitari o privati accreditati con la Bdn). L'Italia si aggiunge ai 59 Paesi che hanno una Banca del Dna a fini criminalistici, cioè per dare un nome agli autori di delitti. In tutto fanno circa 100 milioni di persone catalogate. La legge istitutiva è del giugno 2009 e allarga, rispetto all'estero, l'utilizzo della Banca all'identificazione degli scomparsi e dei cadaveri irriconoscibili. La Bdn ha sede al ministero dell'Interno.

Da dove vengono i Dna archiviati? Prima di tutto dalle scene del crimine, dove a prelevare le tracce «ignote» sono i laboratori che fanno capo alle forze dell'ordine. Quelli della polizia Scientifica e del Ris e quelli universitari e privati accreditati, in tutto 14. In questo caso si parla di «reperto biologico». Poi ci sono i «campioni biologici», cioè i Dna raccolti su persone note e utili per la comparazione. I campioni di saliva sono prelevati, dopo l'autorizzazione del giudice, a detenuti, arrestati o fermati per una determinata lista di reati non colposi. Sono esclusi, ad esempio, i reati tributari. Tali campioni sono gestiti a livello nazionale dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (ministero della Giustizia) e sono conservati nel Laboratorio centrale del Dna di Roma. I prelievi e il campionamento sono partiti nel giugno del 2016 e a oggi sono circa 117mila i campioni raccolti. Nel gennaio 2017 è cominciato il popolamento della Banca con i profili del Dna: 7mila gli ignoti che provengono dalle scene del crimine e 1.300, il 2 per cento circa dei totali 117mila, sono quelli di detenuti inseriti dal Laboratorio centrale (l'inserimento è partito a fine 2017). Finora sono già state trovate 200 corrispondenze, cioè lo stesso Dna comparso in due o più casi. A tre profili ricorrenti è stato dato un nome e un cognome, vale a dire si è verificato il match con una persona «schedata».

Nel ruolo giocato dalla Bdn sono fondamentali serialità del reato e territorialità. Prendiamo il Regno Unito. La Bdn esiste dal 1995 e raccoglie - al 31 dicembre 2017 - 6,1 milioni di soggetti e oltre 580mila profili ignoti da scene del crimine. Il 19,3 per cento dei campioni sono di donne (da noi il 9,8%). Ci sono un soggetto con meno di 10 anni e circa 13mila tra i 10 e i 15 anni. Nel biennio 2015-2016 le forze dell'ordine inglesi hanno ottenuto un match tra scena del crimine e soggetto noto nel 63 per cento dei casi. Una percentuale molto alta, il cui 31 per cento è rappresentato da furti domestici e di veicoli. Su questi reati in Gran Bretagna si è scelto di puntare.

Basti dire che dei sopralluoghi fatti sulle scene di furto in appartamento il test del Dna è effettuato nell'80 per cento dei casi. Altre percentuali di match in Europa: Danimarca 23 per cento, Spagna 13, Belgio 11, Francia 4. I risultati dipendono anche dal numero di profili in banca dati.

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