I gilet gialli alleati M5s danno fuoco alla casa del nemico politico

Violenza a Parigi: attentato incendiario contro il presidente dell'Assemblea nazionale

I gilet gialli alleati M5s danno fuoco alla casa del nemico politico

Dal maldestro tentativo di avvicinare i gilet gialli, sognando un'alleanza europea, alle unghie del leader Cinque Stelle che graffiano su uno specchio d'Oltralpe che lo vede sempre più solo: «L'interlocutore governativo dell'Italia è l'esecutivo francese, ma è giusto che una forza che non condivide le linee di En Marche (il partito di Emmanuel Macron, ndr) abbia la possibilità di parlare con altre forze politiche come la mia». Non farebbe una piega, se il rabberciato incontro di Montargis tra Luigi Di Maio e una delegazione dei gilet gialli fosse stato un successo. Invece, siamo già al grande freddo. Anzi, allo sputtanamento.

Maxime Nicolle, uno dei gilet con più seguito mediatico, estraneo all'operazione «politica» come la maggior parte dei gilet gialli, è tra i primi a spiegare che «Di Maio è venuto in Francia per fare campagna elettorale, a noi non interessa». Tutti i volti che hanno inaugurato le mobilitazioni francesi continuano a portare persone in piazza dal 17 novembre forti del sostegno del 65 per cento della popolazione (YouGov) e respingono «l'ingerenza». Tutti tranne il curatore del fumoso progetto NOos-citoyens, la piattaforma online che costituirebbe l'equivalente dell'italianissima «Rousseau», lo strumento lanciato dai Cinque Stelle nel 2016 per sviluppare la «democrazia della rete».

Per una parte di gilet si tratta di cercare «una coscienza collettiva» per uscire dall'angolo. Ma l'interlocutore dei Cinque Stelle è Cristophe Chalençon, un fabbro 52enne tutt'altro che rappresentativo e tantomeno «moderato». Per dire, su Facebook lo scorso 23 dicembre parlava di «guerra civile inevitabile» spiegando che avrebbe «visto bene a guida del governo il generale de Villiers», il capo di stato maggiore licenziato da Macron a inizio mandato perché in disaccordo sulla politica militare. Proprio a causa di Calençhon si cominciò a parlare a Parigi di rischio golpe: «Se Macron non vuole piegarsi, spetta ai militari consentire un governo di transizione», le parole del gilet giallo con cui Di Maio punta a creare un'alleanza internazionale. Di Maio intanto insiste: «Mi dispiace che Macron l'abbia vissuta come una lesa maestà». Il problema è che la porta gli è stata chiusa in faccia anche dalla maggior parte dei gilet gialli, perfino dalla fondatrice della lista di cui Calençhon si è detto portavoce: «Allearsi con il Movimento Cinque Stelle è fuori questione per me - spiega Ingrid Levavasseur - Va benissimo scambiarci informazioni e punti di vista, ma niente di più. Almeno non adesso», dice la capolista del Ric, che si presenta alle europee in rappresentanza di una delle anime del movimento. La speranza di Di Maio di creare un gruppo autonomo al Parlamento europeo si allontana, almeno da Parigi. Dove, peraltro, sabato sono tornate le violenze dei casseur: 45 fermi nelle manifestazioni dei «gilets» e 42 arresti per incendi di auto, distruzione di bancomat e danneggiamenti di beni pubblici, tensioni e feriti davanti al Parlamento. Le violenze colpiscono anche le istituzioni. Richard Ferrand, presidente dell'Assemblea nazionale, il Roberto Fico francese in pratica, ha denunciato un tentativo di incendio «doloso» avvenuto venerdì nella sua abitazione privata a Motreff, in Bretagna. Forse anche per non prestarsi a strumentalizzazioni, il partito Ric dei gilet gialli ieri si è prodigato nell'ennesimo scaricabarile.

Perfino sulla crisi diplomatica generata dalla visita di Di Maio in terra francese: «I gilet gialli non possono prendersi la responsabilità delle difficoltà tra Francia e Italia, che nascono da prima», chiosa Levavasseur. Flop intanto a Roma per la prima mobilitazione dei gilet gialli italiani. Sarebbe dovuta partire sabato da piazza della Repubblica: si sono presentati in tre.

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