I grillini bivaccano in piazza solo per insultare la Lega

L'accusa dei 5 Stelle a Salvini: «Poltronaro, s'è venduto a Renzi e Berlusconi per una manciata di seggi in più»

Cinque stelle e una gamba in spalla. Quella con cui il leader maximo del Movimento Beppe Grillo si è presentato a Roma per unirsi a quella piazza che, già da ieri, lo invoca disperatamente. Servirà, quell'arto, per prendere a calci i «mafiosi» del Rosatellum? Non è dato saperlo. Lo show che suggellerà la due giorni di rabbia e indignazione pentastellata si fa attendere. E così, per ingannare il tempo, ci pensano gli oratori che si avvicendano sulla camionetta, allestita al centro della piazza, ad assestare qualche pedata agli avversari più scomodi. Quelli che pescano nello stesso bacino di elettori, quelli con cui si sospettano alleanze post voto, ma che invece sono solo concorrenti troppo vicini.

Uno su tutti: Matteo Salvini. L'altro Matteo, come il suo omonimo a sinistra, aveva velleità di rottamare la «vecchia Lega» ma ha tradito anche lui. Per colpa di quei conti sequestrati al Carroccio, dal tribunale di Genova, in via cautelativa. Ditelo ai suoi elettori, «se ancora gli è rimasto un briciolo di coscienza», che lui è peggio di chi lo ha preceduto. «Ladro! Ladro! Ladro!». E ancora: «Fuori la mafia dallo Stato!». La piazza rimbomba. E serpeggia, di bocca in bocca, una maldicenza. La calunnia, si sa, è un venticello. Si vocifera che i salviniani si siano venduti a Renzi, a Berlusconi per un piatto di lenticchie. O meglio, una manciata di seggi. Quelli che, con il Rosatellum, incasserà una Lega povera, con i conti in rosso. Assicurando longevità politica ai «soliti poltronari». Gente con tante legislature alle spalle, come il vicepresidente leghista del Senato, Roberto Calderoli. C'è anche il suo «faccione» sul pannello esibito al pubblico ludibrio dal senatore M5s Stefano Lucidi. Lo stesso che, ieri, aveva portato in piazza un bottiglia di vino rosato al grido di «Noi il Rosatellum non ce lo beviamo». Oggi, Lucidi, ha organizzato un nuovo siparietto: «Il fischiometro». I manifestanti, logori d'attesa, buttati a terra o appoggiati alle transenne, presto si rianimano. Vengono invitati a fischiare contro i parlamentari di più lungo corso. Turpiloqui anche per l'onorevole di Fratelli d'Italia Ignazio La Russa. Lui è sul monitor, quello con cui la folla segue i lavori dell'Aula. Ha preso la parola per scandire un auspicio. Si augura che i candidati ai seggi esteri del Brasile si faranno portavoce della battaglia per l'estradizione di Cesare Battisti. Ma la folla è sorda, è arrabbiata. E quelle parole, e quell'augurio vengono presto sommersi dalle offese. Una valanga di offese. «Scemo, stronzo». Battisti chi è? Per il popolo delle dirette Facebook, il popolo del nuovo, non ha importanza.

Poi, adesso, è la volta del sindaco di Roma, Virginia Raggi, che si cimenta in un breve intervento. Parole vacue, ringraziamenti, banalità: «Grazie per essere qui e per far sentire la voce dei cittadini a chi vuole cambiare la legge elettorale alla vigilia delle elezioni». Ma per lei questa gente è pronta a sbucciarsi le mani.

Ma l'apice del pathos viene raggiunto con un teatrale Di Battista che, toccandosi il cuore, non prende le distanze dalle gesta del Dibba senior che, oggi, si è cimentato in una «maschia discussione» con il generale Pappalardo.

«Ho un padre di 73 anni che non ha mai mollato, sono orgoglioso di essere suo figlio». La piazza si commuove. Grillo non è ancora arrivato ma, chi lo ha preceduto, è comunque riuscito a tenere il palcoscenico degnamente.

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