Ruben Razzante, docente di Diritto dell'informazione alla Cattolica di Milano. Tanto per cambiare il M5s sul caso dell'azienda di famiglia Di Maio dà la colpa alla stampa che citiamo «non sta facendo libera informazione disinteressata ma un'opera di delegittimazione». Quindi i giornali non ne dovrebbero parlare?
«L'inchiesta ha smascherato condotte discutibili e probabili reati, quindi si tratta di informazioni di indubbio interesse pubblico. L'interesse è ovviamente potenziato dal fatto che si tratti del papà del ministro del lavoro».
Ma perché ogni volta che il M5s è in difficoltà dà la colpa ai giornalisti?
«Credo sia un difetto della classe politica italiana in generale quello di non riuscire ad accettare le critiche della stampa. La pretesa degli altri poteri di condizionare le scelte editoriali è una regolarità della vita italiana almeno dagli anni sessanta».
Secondo lei c'è un accanimento dei media verso il M5s? Non hanno subito attacchi anche i governi precedenti, quello Berlusconi in particolare?
«L'accanimento contro Berlusconi ha pochi precedenti nella storia dell'informazione forse internazionale. Renzi ha beneficiato, nell'acme del suo potere, dell'appoggio di tutta la stampa più importante, eppure è crollato in breve tempo. I grillini hanno dimostrato, a Roma come in altre realtà territoriali, di non riuscire a gestire le complessità amministrative e quindi è stato giusto che i giornali ne denunciassero le inadempienze. Forse sulla vita privata della Raggi alcune testate hanno esagerato, ma sugli scandali del Campidoglio direi di no».
Il M5s in fondo è nato sull'onda del giornalismo filo procure, oltre che alle inchieste giornalistiche sulla casta politica?
«I grillini sono al potere anche per merito di certa stampa giustizialista che ha alimentato l'odio anti-casta e un nuovismo a tutti i costi, sganciato dalla verifica di competenze e capacità amministrative e governative».
A lei sembra normale avere un ministro e vicepremier che dà ai giornalisti degli «infimi sciacalli»? Coadiuvato da Di Battista che li chiama «puttane»?
«Li trovo attacchi volgari e di cattivo gusto, lanciati per distogliere l'attenzione dalle difficoltà che il Movimento incontra nel patto di governo con la Lega. Va riconosciuto ai pentastellati di aver messo al centro del dibattito politico temi come quello degli editori puri e dei finanziamenti a pioggia all'editoria, che peraltro sono cessati da tempo. Ma i rimedi proposti, se non condivisi con i giornalisti, gli editori, i colossi della Rete e gli altri attori della filiera di produzione e distribuzione delle notizie, rischiano di essere peggiori della situazione attuale».
Il presidente Mattarella è dovuto intervenire per ricordare il ruolo anche costituzionale della libera stampa. C'è secondo lei il rischio che il governo voglia mettere il bavaglio alla stampa?
«Non vedo questo rischio, anche perché la Lega non lo consentirebbe».
Fa parte della storia italiana l'insofferenza del potere politico verso la stampa o è un'anomalia quella che stiamo vivendo con il governo M5s?
«Non vedo grandi differenze con il passato. A parti invertite si ripetono gli stessi comportamenti di sempre. Questa volta, però, la cosa balza maggiormente all'occhio perché a pronunciare questi anatemi contro la stampa è una forza politica che ha fondato le sue battaglie su una diversità morale che spesso non trova riscontro nei comportamenti»
Di Maio e anche Crimi hanno promesso provvedimenti e tagli all'editoria. Non teme siano minacce ad un potere sgradito al governo? Sulla legge sugli «editori puri» annunciata da Di Maio che idea si è fatta?
«Condivido la necessità di una normativa sugli editori puri e sulla libertà della stampa dagli altri poteri. Lo strumento dei finanziamenti all'editoria va usato in modo intelligente e meritocratico. Ora come ora, però, abolire i contributi indiretti senza alimentare i circuiti mediatici in altro modo rischierebbe di impoverire il mondo dell'informazione, anche sul piano occupazionale.
Credo che occorrerebbe convocare gli Stati generali dell'editoria per far sì che le misure sull'informazione vengano decise da tutti e non da un governo di parte. L'informazione è un bene neutrale, di tutti, non di chi temporaneamente guida il Paese».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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