Le (tante) promesse da mantenere. E una coperta che rischia davvero di essere troppo corta. Il pressing del governo, e dei Cinquestelle in particolare, sul ministro dell'Economia Giovanni Tria affinché allenti i cordoni della borsa diventa di giorno in giorno più forte ed esplicito assumendo i contorni dell'assedio.
Il primo affondo di Luigi Di Maio era arrivato due giorni fa: «Un ministro serio deve trovare le risorse per rispondere ai bisogni dei cittadini più in difficoltà». Ieri dalla Cina il secondo «invito» alla spesa, ammantato di toni più morbidi ma con contenuti sostanzialmente speculari. «Ho piena fiducia nel ministro dell'Economia Giovanni Tria per quello che sta facendo e ho piena fiducia nel gioco di squadra che stiamo facendo come governo» dice il ministro dello Sviluppo. «Le priorità sono: flat tax, reddito di cittadinanza e superamento della legge Fornero. Le metteremo nella legge di Bilancio? Sì». La ricetta su come aggirare i vincoli europei viene illustrata in questo modo: «Si attinge a un po' di deficit per poi far rientrare il debito l'anno dopo o tra due anni, tenendo i conti in ordine e senza alcuna manovra distruttiva dell'economia. Un governo serio, che ha fatto delle promesse, non può aspettare due o tre anni per mantenerle».
Se Di Maio dà per scontato il reddito di cittadinanza, lo stesso fa Giuseppe Conte che si attesta sulla stessa lunghezza d'onda del capo politico del M5s. «È necessario che la riforma del reddito di cittadinanza che sarà inserita nella manovra economica abbia un impatto significativo sul piano sociale, in modo da alleviare la condizione di tutti coloro che vivono in condizione di povertà assoluta» scrive su Instagram il presidente del Consiglio riferendo di aver ricevuto i capigruppo di Camera e Senato, Francesco D'Uva e Stefano Patuanelli. «Al centro del nostro colloquio c'è stato un aggiornamento sulle attività parlamentari e sulle prossime iniziative con cui offrire risposte ai cittadini».
La determinazione di Giovanni Tria a predisporre una manovra a prova di mercati e di spread - con un deficit «sostenibile» dell'1,6% - appare dunque in salita. E nell'aria iniziano a sentirsi i primi clangori e rulli di tamburo dell'inevitabile battaglia d'autunno con la Commissione europea. Tanto più che perfino da dentro il dicastero di Via XX Settembre arrivano voci favorevoli alla grande accelerazione di spesa. Con la viceministra dell'Economia, Laura Castelli, che commentando su Radio Capital l'intenzione di Tria di non oltrepassare la soglia dell'1,6%, dice: «Vorrebbe dire non fare quasi niente, a meno che non si facciano solo tagli».
Chi prova a tenere salda la trama del governo è Giancarlo Giorgetti, agendo nei difficili panni dell'equilibratore. «Si può arrivare anche allo sforamento del 2% ma non con provvedimenti di tipo demagogico per acquisire consenso» dice il sottosegretario alla presidenza del Consiglio a Otto e mezzo. «Si può sforare solo con proposte serie e credibili perché i mercati sono attenti ai decimali ma soprattutto alle proposte di politica economica perché il Paese possa crescere».
E quando gli viene chiesto se Tria possa dormire sonni tranquilli, la risposta è un capolavoro di equilibrismo: «Nessuno nel governo dorme sogni tranquilli perché lavoriamo tantissimo, anche Tria deve lavorare tantissimo».
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