Più che un emendamento di bilancio, viene additato dai centri odontoiatrici come un «provvedimento incostituzionale». Il testo presentato in commissione Bilancio in Senato dal grillino Giovanni Endrizzi, se venisse approvato, dal 2022 metterebbe fuori gioco l'esercizio dell'odontoiatria sotto forma di società private gestite da non professionisti e la concederebbe ai soli gruppi di medici iscritti all'albo. Cioè costringerebbe a chiudere tutte le srl e spa nate negli ultimi anni. Una batosta non indifferente per tutte quelle catene che stanno proponendo servizi dentistici a prezzi di mercato più accessibili rispetto a quelli di un tradizionale studio. Del provvedimento tuttavia gioverebbero i dentisti vecchio stampo che avrebbero un concorrente in meno con cui spartirsi i clienti.
La ratio che ha portato a presentare il provvedimento, che ripercorre quello già presentato nella passata legislatura, parte dalla considerazione che «l'ingresso delle attuali catene odontoiatriche nel mercato si è dimostrato fallimentare». Eppure, a quanto dicono i rappresentanti dell'associazione nazionale dei centri odontoiatrici, le società danno lavoro a 17mila dipendenti e intercettano tutta quella clientela che spesso rinuncia alle cure per ragioni economiche. Si tratta di 800 centri, su un totale di 5mila società di capitali, con oltre 9mila medici odontoiatri, 8mila dipendenti e circa 700milioni di fatturato, per un totale di circa l'8% del mercato del settore. «Non siamo società low cost - tiene a precisare Michel Cohen, presidente Ancod - Se l'emendamento passasse si creerebbe un nuovo caso occupazionale in un momento in cui l'Italia è già interessata da altre gravi emergenze lavoro. «Si tratta di un provvedimento incostituzionale - sbotta Choen - chiaramente contrario alla libertà d'impresa e alla libera concorrenza, ma soprattutto senza alcun senso perchè sono proprio i gruppi organizzati a offrire soluzioni di qualità alle fasce più deboli. Servizi non coperti dai Lea, i livelli essenziali di assistenza del sistema sanitario».
Ancod ha già presentato una denuncia formale alla Commissione europea chiedendo l'apertura di una procedura di infrazione contro l'Italia. Allo stesso modo, l'associazione ha coinvolto l'Antitrust «che già si era espressa contro la legittimità di queste norme».
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