La parola «Manzoni» ha un effetto magico sulla popolazione milanese: come la Madonnina, è in grado di risvegliare il dna meneghino e fare disporre centinaia di persone in fila per ricostruire il filo di un discorso mai interrotto, però magari a volte un po' dimenticato nella fretta, fra corse in metrò, corse al lavoro, corse a pranzo, corse in palestra. Insomma, per rivedere quella stanza al piano terra, affacciata su un giardino ancora oggi meraviglioso, incastrato nel pieno centro della città, fra le mura di Palazzo Anguissola, la sede di Intesa Sanpaolo a ridosso di piazza Scala, via Mattioli e la casa di Alessandro Manzoni.
Già, la casa dell'autore dei Promessi sposi è lì, di nuovo aperta al pubblico dopo un restauro in tempi record realizzato grazie al sostegno economico di Intesa Sanpaolo, la banca che con lo storico palazzo di via Morone al numero 1 ha un rapporto di lungo corso e molto speciale. Un po' come i milanesi. Che infatti non si sono lasciati sfuggire l'occasione di tornare fra quelle stanze, trasformate in un nuovo museo dal percorso innovativo e aggiornato, secondo la «profezia» di Niccolò Tommaseo: «Verrà tempo di migliore età che la nostra, che gli uomini si recheranno a visitare la casa di questo grande italiano, come luogo sacro...». Un luogo che già allora, nel 1813, quando Alessandro lo scelse per trasferircisi con tutta la famiglia (la moglie Enrichetta Blondel, la primogenita Giulietta e la madre, Donna Giulia Beccaria, ma poi accolse fino a 12 persone) era particolarmente «felice», come lo definiva la stessa madre dello scrittore. Acquistato per 107mila lire da Alberico de Felber, faceva angolo con piazza Belgioioso, allora chiamata di San Martino in Nosiggia, per via della chiesa (poi demolita) ed era in una posizione centralissima e perfetta per le esigenze dello scrittore, che intorno a sé aveva così tutti i suoi amici, cioè, in pratica, tutti coloro che hanno fatto la storia di Milano nell'Ottocento: Federico Confalonieri e Silvio Pellico in via Monte di Pietà, Carlo Porta e i fratelli Verri in via Montenapoleone, Vincenzo Monti in via Brera. E poi, sempre a breve distanza, la Biblioteca Ambrosiana, la Braidense, il Gabinetto numismatico diretto da un altro amico, Gaetano Cattaneo, e le librerie di Santa Margherita e Contrada dei Servi.
La casa dello scrittore, del resto, era tutto un fervere di incontri, oltre che di meditazioni e letture nel suo studio appartato, al piano terra, con sguardo sul giardino di cui il Manzoni stesso era un intenditore (anche in questo caso, secondo una tradizione molto lombarda, per lui l'aristocratico o l'alto borghese doveva essere esperto di agronomia) e con le pareti «coverte all'ingiro da un migliaio di volumi de' classici antichi e moderni, e degli storici e filosofi d'ogni età e paese» come scriveva Giulio Carcano nell'anno della scomparsa di Manzoni, il 1873. La casa a quel punto viene venduta (per 280mila lire) e, dopo vari passaggi, nel 1937 diventa proprietà dell'allora Cassa di risparmio delle provincie lombarde (poi confluita in Intesa Sanpaolo), che nel '41 la dona al Comune di Milano «con la destinazione di assegnazione in perpetuo a carattere di uso pubblico al Centro nazionale studi manzoniani». Insomma, perché la casa resti ai milanesi e agli amanti del grande padre della lingua italiana.
È così che, dopo una serie di restauri, in occasione di Expo 2015, è stato realizzato
l'ultimo restauro, integrale, con la creazione di nuove sezioni museali: la sala dei ritratti di famiglia, lo studio, la loggia, la camera da letto, la biblioteca e i ritratti del Manzoni stesso, lo «scrittore degli scrittori».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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