Cronache

I mali prezzolati della democrazia del piatto

I mali prezzolati della democrazia del piatto

Su TripAdvisor un ristorante che non esiste è risultato il ristorante numero uno di Londra. A voi sembra strano? A me non più di tanto. Perché sempre sul famigerato sito di recensioni risultano numeri uno dei ristoranti che secondo la mia classifica personale sono numeri zero. Ristoranti realmente esistenti, d'accordo, ma che per quanto mi riguarda è come se non ci fossero e dove non metterò mai più piede.

Non mi stupisco nemmeno di questo: TripAdvisor è fenomeno iperdemocratico, vagamente grillino (uno vale uno, la recensione del tizio capace di scrivere solo «top!!!» conta come l'analisi dettagliata di ogni singolo piatto compiuta dallo storico dell'alimentazione), e io troppo democratico non sono, nel cibo come in qualsiasi campo cerco il meglio, non il più votato o il più venduto.

Diceva Longanesi che «uno stupido è uno stupido, due stupidi sono due stupidi e diecimila stupidi sono una forza storica». I milioni di recensori di TripAdvisor sono pertanto una potenza galattica. Per decidere la sorte di un ristorante ne bastano cento, forse cinquanta, l'italiano non serve, la logica nemmeno, basta che sappiano dove si trova il punto esclamativo sulla tastiera e che lo schiaccino spesso. Se poi dietro un nuovo locale c'è un talento della comunicazione basta solo lui, e qui mi riferisco a Oobah Butler, il giornalista del mensile «Vice» che si è finto titolare di un ristorante londinese facendolo arrivare al primo posto in classifica senza che nessuno ci avesse mai mangiato.

Butler prima di approdare al giornalismo scriveva, sempre sul solito TripAdvisor, recensioni prezzolate, commenti entusiastici commissionati da ristoratori senza scrupoli (i nuovi portali di recensioni somigliano proprio al vecchio suffragio universale: si sono mai viste elezioni senza brogli?). Dunque sapeva che per attirare le masse non c'è niente di meglio che fingersi esclusivi, e per creare intorno al suo «The Shed at Dulwich» un alone di mito e desiderio ha messo in giro la notizia di lunghissime liste di attesa.

Grazie a questa piccola storia si possono ripetere un paio di grandi lezioni. Quella di San Tommaso, che non ci credeva se non ci metteva il naso: a contare dev'essere soltanto l'esperienza personale, a maggior ragione nell'epoca delle bufale mediatiche. E quella dell'aurea medietà oraziana: fuggire i ristoranti deserti, quanto meno perché sarà difficile trovarvi materie prime fresche, così come i ristoranti dove prenotare è più complicato che ottenere un'udienza privata dal Papa.

Ne conosco vari, uno anche a Parma, e spesso più che casi gastronomici sono casi psicologici, di isteria collettiva.

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