Archiviata la «pratica Conte», con il via libera in Senato al decreto Ucraina, il governo studia una via d'uscita per superare la trappola preparata da Putin sui pagamenti per la fornitura di gas all'Italia: Mosca ha varato un decreto che obbliga i Paesi europei ostili ad aprire un conto corrente in valuta russa (rubli) per pagare le forniture. Italia compresa. Una mossa che spiazza il premier Mario Draghi: i tecnici di Palazzo Chigi sono già al lavoro per individuare una contro-risposta. Il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani intravede una possibile soluzione: «Il decreto che abbiamo studiato nelle ultime ore, in realtà richiede agli importatori europei di avere due conti in Russia, uno in euro e l'altro in rubli. Si pagherebbe in euro e poi una banca russa non soggetta a sanzioni cambierebbe questi euro in rubli e li metterebbe sul secondo conto». È sul dossier gas che però il capo dell'esecutivo sta provando a giocare una partita autonoma, tra Mosca e Bruxelles, per recuperare, soprattutto dopo la telefonata avuta con Putin, quel ruolo di mediatore che in questa fase l'Italia non ha avuto.
Se Bruxelles spinge, ancora, per la linea dura, ipotizzando come risposta, al decreto di Putin sui pagamenti in rubli, nuove pesanti sanzioni, il governo italiano frena. Stavolta, Draghi non sarebbe favorevole a usare il pugno duro contro Mosca: i contraccolpi per l'economia italiana sarebbero devastanti. E dunque, l'ex numero della Bce prova a intraprendere un'altra strada: la ripresa del dialogo. Una posizione, quella di Draghi, che provoca forti malumori nel fronte Pd. Se l'esecutivo, dopo il provvedimento di Putin, ha optato per la cautela, il commissario Ue agli Affari economici, il dem Paolo Gentiloni è andato giù duro: «Non ci faremo ricattare da Mosca». Immagine plastica di due approcci diversi. La linea della prudenza attira dubbi anche da Bruxelles, che punta il dito con il governo italiano accusato di mantenere una posizione «dialogante» verso Mosca. Sul dossier gas è al lavoro anche il ministro degli Esteri Luigi di Maio, da ieri in missione in Azerbaijan e Armenia. Nei suoi incontri con il presidente Di Maio punterà a incassare un incremento delle forniture di gas dall'Azerbaigian attraverso il gasdotto Trans-Adriatico-Tap.
Di Maio spinge anche su un secondo obiettivo, per arginare le ricadute sulle famiglie italiane provocate dalle crisi con la Russia: «Siamo in un momento critico per tutta l'Europa e l'Unione Europea deve mostrarsi coraggiosa. Per il nostro Paese e per tanti altri Stati membri serve subito un tetto massimo al prezzo del gas. Come Italia lo stiamo chiedendo con forza e andremo avanti con la massima determinazione. Non possono esserci tentennamenti». Il conflitto non nasconde i problemi per la maggioranza. Lo scontro Conte-Draghi sulle spese militari lascia una ferita ancora aperta nella maggioranza. Martedì il presidente del Consiglio sarà al Copasir per l'audizione. C'è la certezza, negli ambienti vicini al premier, che Conte, in netto calo di consensi, proverà a rialzare la tensione. Ma preoccupa soprattutto il conflitto, che rischia di trasformarsi in una guerriglia continua, tra dem e grillini. Def e riforma del Csm sono i prossimi due test per il governo. Ma anche i due nuovi terreni di gioco tra i partiti di maggioranza. Il M5s proverà a difendere le proprie bandiere.
Intanto la data del voto (comunali e referendum) è stata fissata: il 12 giugno. Si avvicinano le elezioni e le tensioni risalgono. C'è già una nuova grana sul tavolo dell'esecutivo: il centrodestra chiede di far svolgere le elezioni in due e non in una sola giornata.
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