I migliori chef sono europei 36 italiani nella top 300

Primo degli azzurri Enrico Crippa, che si piazza sesto Tra le star televisive meglio Cannavacciuolo di Cracco

I migliori chef sono europei 36 italiani nella top 300

È ancora l'Europa il posto in cui si mangia meglio al mondo. Almeno così dicono. I giurati del premio 300 Best chef, che sono a loro volta chef, critici, food writer, esperti e compagnia mangiante (poco, sia chiaro). Costoro in siffatto premio giudicano gli chef per l'artisticità e la creatività della loro cucina. Quindi inutile cercare l'oste sotto casa che fa quella fantastica cassoeula. Anche se sarete convinti che sia molto meglio dell'Ostrica con perla nera nella sua stessa salsa che è uno dei vertiginosi piatti che Juan Roca propone nel suo Celler de San Roca di Girona, Spagna (o dovremmo forse dire: Catalogna?).

Juan Roca è quindi lo chef più votato di questo premio internazionale di matrice polacca, che ha celebrato ieri a Varsavia la seconda edizione. Del quale forse si sentiva il bisogno, ma forse no. Comunque ben venga un'altra occasione per fare il punto della situazione sulla gastronomia di ricerca nel mondo, le classifiche ci piacciono sempre anche quando lasciano il tempo che trovano, specie se l'Italia se la cava bene. Il nostro Paese piazza due chef nei primi dieci, 16 nei primi 100, 36 nei trecento giovani forti e con parannanza: i due top ten sono Enrico Crippa di Piazza Duomo ad Alba, uno che a guardarlo sembra un laureato in Epistemologia e non un cuochino bravo bravo, che è sesto. E l'inevitabile Massimo Bottura dell'Osteria Francescana che è nono. Con loro nei magnifici dieci 3 francesi (Michel Bras, Yannick Alleno e Gregoire Berger), 2 spagnoli (Roca e David Munoz), un olandese (Nick Bril), un danese (Rasmus Kofoed) e un unico extraeuropeo, il brasiliano Alex Atala.

Gli altri italiani nei primi 100 sono Davide Scabin di combal.zero a Rivoli, nel Torinese, che qui è sedicesimo e terzo degli italiani mentre nelle guide italiane e nella Michelin è lontano dall'empireo (e ne sarà lieto almeno quanto si avvilì anni fa per la decurtazione di una stella); Massimiliamo Alajmo delle Calandre di Rubano, nel Padovano, diciannovesimo, e subito dopo Mauro Uliassi da Senigallia, uno che sta dando il meglio di sé dopo i 50. Poi c'è un'altra star, il campano-piemontese Antonino Cannavacciuolo di Villa Crespi sul lago d'Orta. La sorpresa semmai è trovare un altro tristellato di vaglia, l'iconico barbuto carismatico Niko Romito del Reale Di Castel di Sangro, per qualcuno e forse anche per chi scrive queste noterelle colui che propone la migliore esperienza gastronomica in Italia, solo al cinquantacinquesimo posto, ottavo degli azzurri dietro i non celeberrimi Nino di Costanzo di Danì Maison a Ischia (42esimo) e Vincenzo Guarino del Pievano di Gaiole in Chianti (51esimo). Sempre nella top 100 Pino Lavarra (59), pugliese che ha portato la cucina italiana a Hong Kong, Salvatore Bianco (66) del Comandante del Romeo hotel di Napoli, Christian Puglisi (69) messinese di Copenaghen, Simone Cantafio (71) che Bras ha voluto al comando del suo nuovo ristorante di Tokyo, Stefano Baiocco (73) di Villa Feltrinelli a Gargnano, che alcuni si ostinano a considerare il locale più bello d'Italia, Carlo Cracco relegato e imbronciato alla posizione 81, e Paolo Casagrande alla 98, che ha portato per la prima volta le tre stelle a Barcellona, nel Lasarte di Martin Berasategui.

Contandoli sono 4 gli italiani della top 100 che lavorano all'estero, e insomma sembra che come gli allenatori di calcio i cuochi nostrani fuori dal Belpaese si riempiono di gloria più che da noi. Con l'unico caso in controtendenza, quell'Heinz Beck della Pergola in cima a Monte Mario che ormai è più romano di Verdone ma in questa classifica è in quota Germania al 43esimo posto. Pazienza, herr Heinz.

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